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Questo articolo è stato pubblicato il 29 gennaio 2011 alle ore 13:40.

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Internet e social network non sono né il bene né il male, ma il nuovo campo della battaglia per il potereInternet e social network non sono né il bene né il male, ma il nuovo campo della battaglia per il potere

Nei paesi dove si discute di cose serie si è aperto un gran dibattito sul ruolo dei social network, da Facebook a Twitter, nelle recenti rivolte democratiche nelle società chiuse, nei regimi repressivi, nei paesi totalitari. Le cronache raccontano di manifestazioni in Iran, in Tunisia, in Egitto convocate via Twitter, di gruppi di dissidenza organizzati su Facebook, di un uso libertario di Internet dalla Cina al Medio Oriente. Il dibattito non è frivolo, ma riguarda la formulazione della politica estera dei grandi paesi occidentali.

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Il segretario di stato americano Hillary Clinton si è impegnata a promuovere la libertà della rete ovunque nel mondo. La rivista Foreign Affairs, organo ufficiale dell'establishment americano di politica estera, ha aperto il suo ultimo fascicolo con un saggio di Clay Shirky, professore di new media alla New York University, intitolato "Il potere politico dei social media".

La tecnologia e internet in particolare sono diventati i fattori decisivi per la diffusione della libertà, secondo la tesi predominante del Dipartimento di stato e delle cancellerie occidentali. I messaggi sms, le email e i blog hanno agevolato le comunicazioni dei dissidenti, la diffusione della contro-informazione, le attività d'opposizione. Lo sostiene anche il direttore di Google ideas Jared Cohen, forte della sua esperienza di pianificazione politica al Dipartimento di stato prima con Condoleezza Rice e poi Hillary Clinton.

Ma non tutti sono della stessa idea. L'esperto di cose internettiane Evgeny Morozov, giornalista bielorusso di Foreign Policy e analista della New American Foundation, non ne è convinto. Sostiene anzi che questa visione catartica di internet sia un inganno, un'illusione, un'utopia cibernetica che semmai rischia di provocare l'effetto contrario e di consolidare le dittature. Sul tema Morozov ha scritto numerosi articoli, anche per questo giornale, e un libro appena uscito negli Stati Uniti dal titolo The Net Delusion – The dark side of internet freedom (Public Affairs).

La tesi di Morozov è che non c'è alcuna prova che le proteste di piazza a Teheran, a Tunisi e al Cairo non ci sarebbero state senza internet. Non c'è alcun automatismo, scrive, tra l'uso di una particolare tecnologia e la conquista di una maggiore sfera di libertà. Il determinismo tecnologico, secondo Morozov, è pericoloso perché porta i governi occidentali a sottovalutare le vere ragioni del cambiamento sociale e quindi ad adeguarsi all'illusoria equazione secondo cui basta più tecnologia per ottenere più democrazia. In realtà, scrive Morozov, internet e i social network sono usati ancora più efficacemente dai regimi dispotici per reprimere, censurare e sorvegliare.

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