Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 14 marzo 2011 alle ore 10:14.

My24

«Si pretende – aggiunge Pacor – che l'auto cammini senza però metterci la benzina». Il Carlo Felice di Genova è tra le situazioni più disastrate. Qualche tempo fa ha rischiato la chiusura, evitata anche perché le maestranze hanno sottoscritto i contratti di solidarietà: lavorare meno ma con una busta paga più leggera. Uno sforzo che consente alla fondazione di risparmiare per due anni – quanto dureranno i contratti di solidarietà – dai 4,5 ai 5,5 milioni l'anno.
«Il vero problema è che non si può decidere da un giorno all'altro – sottolinea Pacor – di decurtare il contributo pubblico senza nessun'altra prospettiva. Si vuole che i soldi si vadano a prendere da un'altra parte? Bene. Ma non lo si può fare dall'oggi al domani. Occorre, come si è fatto per le banche, un piano di rientro di 4-5 anni. Io le idee ce le ho, ma occorre il tempo per tradurle in pratica».

Il sovrintendente racconta del piano messo a punto lo scorso autunno per recuperare risorse. Si va dall'affitto di alcuni spazi del teatro – «si può liberare il piano del torrione che è di 350 metri quadrati e metterlo sul mercato» – all'apertura per tutto il giorno del bar del teatro (ora in servizio solo durante le rappresentazioni), che ha uno sbocco sulla centralissima piazza De Ferrari. E ancora, l'inserimento di pannelli negli interstizi del colonnato dell'edificio, in cui riportare la programmazione teatrale, ma da dedicare anche alla comunicazione pubblicitaria.
Poi ci sono le nuove tecnologie. «In streaming è possibile – spiega Pacor – vedere 24 ore su 24 tutta la nostra programmazione. Da novembre, quando siamo partiti, abbiamo avuto 200mila contatti. Il "Lago dei cigni", in scena da mercoledì a domenica, è stato seguito in diretta online da 1.200 persone (quando in sala ce n'erano 1.100) e da 800 in differita. Per ora è tutto gratuito, ma già abbiamo contatti per renderlo a pagamento. Eppoi c'è il progetto di canale digitale. Ogni iniziativa vuole, però, il suo tempo. Basti dire che ho dovuto attenderetre mesi per alcune autorizzazioni del comune. Vogliono che facciamo come gli americani, ma senza fornirci gli strumenti. Perché è vero che negli Usa le sovvenzioni pubbliche alla cultura sono minime, ma un'autorizzazione arriva dopo due giorni».

Shopping24

Dai nostri archivi