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Questo articolo è stato pubblicato il 03 aprile 2011 alle ore 14:50.
L'ultima modifica è del 03 aprile 2011 alle ore 15:17.

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La Casa dello studente a L'Aquila oggi 2 aprile 2011 con le foto degli otto studenti morti nel crollo . - AnsaLa Casa dello studente a L'Aquila oggi 2 aprile 2011 con le foto degli otto studenti morti nel crollo . - Ansa

Poi, ci sono i soldi che potrebbero esserci ma che, invece, sono congelati. La Futuris Aquilana, una società controllata da investitori milanesi e varesini, ha pronto il progetto di una centrale a biomasse, che ottiene energia dal legno. Quindici addetti diretti, nell'area industriale di Bazzano. Un centinaio nell'intera filiera per la coltivazione dei pioppi. Due milioni già investiti. Trenta milioni in prospettiva.

«Non abbiamo ricevuto un soldo del post terremoto - spiega Aldo Mazzadi - Abbiamo ottenuto tutte le autorizzazioni pubbliche. All'improvviso, hanno preso forma timori sull'inquinamento che causerebbe la centrale, che invece usa le tecnologie più verdi al mondo. Con tanto di tre ricorsi fatti al Tar dai comitati a noi contrari».

La sindrome "nimby" riguarda la mentalità collettiva di tutto il paese. «Forse - riflette il presidente dell'Unione industriali dell'Aquila, Fabio Spinosa Pingue - qui come nell'intera provincia questa sindrome ha una particolare presa per la storia del tessuto produttivo, fatto di economia pubblica e di piccole attività commerciali, con scarso spazio per gli imprenditori veri e propri».

In ogni caso, qui c'è poco da potersi permettere sindromi da province ricche. Secondo l'Inps, nei primi due mesi dell'anno la Cig ordinaria ha avuto un aumento tendenziale del 485% (a fronte di un +19% regionale). Quella in deroga, concentrata sempre nell'industria, è esplosa del 2.500%, due volte e mezza quella abruzzese. Dunque, lo sbandamento che nei primi mesi post-sisma pareva naturalmente focalizzato sui negozi e le attività commerciali del centro storico si è propagato all'intero tessuto produttivo.

Interessante il flusso di nuove sofferenze in rapporto ai prestiti, ricavabili analizzando i dati della Banca d'Italia. All'Aquila, prima del terremoto, questo indicatore era pari all'1,37%, mentre adesso è al 4,07 per cento. Una situazione molto dura, se si pensa che nello stesso periodo a livello italiano questo indicatore è passato dall'1,31 all'1,92 per cento.

Analizzando i soldi prestati alle imprese dalle banche, si fa un'altra scoperta: nei due anni segnati dal terremoto, le imprese italiane specializzate nelle costruzioni hanno visto i loro prestiti salire del 35,4%, quelle aquilane del 23 per cento. «Non mi stupisce. Le imprese aquilane sono sempre state poco patrimonializzate. Dunque, non in grado di partecipare a un simile business», nota Annalisa Di Stefano.

Il risultato è che perfino dell'economia della disgrazia qui è rimasto poco. Anche in termini di redditi: alla cassa edile, che rileva i dati sulle aziende con sede nella sola provincia, la massa salari è aumentata dai 49 milioni del pre-sisma ai 69 milioni del post-sisma (+40%) mentre in realtà i lavoratori sono più che raddoppiati passando da 6.355 a 12.741. «Le aziende sono di fuori e molti operai arrivano dalle altre regioni, per poi andarsene», conferma la sindacalista Innocenzi. In tanti arrivano dalla Campania, dalla Puglia, dalla Basilicata. Da quel Sud che, poco alla volta, sta inghiottendo L'Aquila. Nel 1995 il Pil pro capite era di 14.462 euro, un quarto in meno del Centro Nord ma un quinto in più rispetto al Mezzogiorno. Ora la distanza dal Centro Nord è salita al 30%, mentre quella dal Sud si è accorciata a poco più del 10 per cento.

«Meridionalizzazione? Non so. Quella non è solo una questione di soldi. Certo, però, gli effetti del sisma potrebbero rendere duratura e profonda questa tendenza di lungo periodo», riflette suor Daniela. Che, poi, quasi rivolge una preghiera laica: «Vi prego, non dite che qui all'Aquila ogni cosa è risolta. Abbiamo fatto un gemellaggio con la scuola elementare Cocchetti di Milano. Sono venuti a trovarci. Una mamma si è stupita. Pensava che qui tutto fosse a posto. Non è così».

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