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Questo articolo è stato pubblicato il 05 aprile 2011 alle ore 07:59.

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«I fondi pubblici servono solo se intorno non c'è il vuoto delle infrastrutture». Giorgio Sangalli, presidente del Sangalli group di Susegana (Treviso), è stato uno dei primi imprenditori del Nord a sbarcare al Sud a fine anni 90 attratto dalla promessa di sussidi. «Siamo arrivati a Manfredonia, in Puglia, nel '98, prima ancora che fosse operativo il contratto d'area. Confesso che avevamo bisogno dei contributi pubblici, ma la Puglia aveva e ha poi confermato anche altri vantaggi: terreno su cui costruire a costi bassi, porto industriale disponibile, manodopera abbondante».
Il contratto d'area di Manfredonia, capostipite e in un certo senso metafora delle illusioni della programmazione negoziata, ha attratto negli anni decine di aziende con un mix di contributi della legge 488 e del Quadro comunitario di sostegno europeo (fondi Fesr) mirati al recupero dell'area industriale ex Enichem. I contratti d'area, va detto, in molti casi non hanno funzionato e si ricordano oggi per un lungo elenco di aziende fallite, che hanno dismesso anticipatamente gli investimenti o che non li hanno mai attivati, che in alcuni casi hanno commesso frodi, su cui indaga la Guardia di finanza, solo per intascare contributi pubblici. L'esperienza della Sangalli è diversa, ma comunque segnata da difficoltà.

«A Manfredonia – racconta il presidente – abbiamo messo su un centro gioiello dove, oltre al "vetro piano" di base, produciamo vetro stratificato di sicurezza, vetro per il risparmio energetico e abbiamo una linea per il prodotto satinato. Abbiamo investito 160 milioni con 260 lavoratori, senza contare l'azienda di trasformazione che abbiamo ceduto in fitto d'azienda». Tutto perfetto dunque? «Non direi. I fondi sono stati erogati in ritardo di un paio d'anni. Ma soprattutto – aggiunge Sangalli – la logistica e i costi di trasporto, che per noi sono vitali, continuano a essere drammatici. La nostra vicenda testimonia una cosa molto semplice: i contributi a fondo perduto possono essere molto allettanti ma servono a poco se intorno non ci sono infrastrutture, non c'è un contesto favorevole».
Sangalli entra nei dettagli. «A distanza di 12 anni il porto industriale, il cui sviluppo sarebbe stato per noi fondamentale, è rimasto così com'era, cioè carente. E il raccordo ferroviario è saltato perché sul tracciato hanno piazzato un supermercato. A conti fatti, sono milioni di mancati risparmi». Voglia di mollare? «Non posso e non voglio. Che faccio, dalla sera alla mattina sposto in Romania uno stabilimento che produce vetro con un forno che è costruito mattone su mattone? Si resta, anche a queste condizioni, fino a quando ce la faremo».
C.Fo.

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