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Questo articolo è stato pubblicato il 23 aprile 2011 alle ore 08:14.

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«Non c'è altra soluzione: serve una riforma fiscale. Altrimenti le imprese italiane non quotate in Borsa resteranno sempre tagliate fuori dal mercato obbligazionario». Se in Italia poche aziende emettono bond per reperire finanziamenti, il motivo principale è proprio questo: il Fisco penalizza le società che ricorrono a questa fonte di finanziamento quando non sono quotate a Piazza Affari. Gabriele Vianello, responsabile debt capital markets di Bnp Paribas in Italia, ne è convinto: in Italia manca la cultura finanziaria e la voglia di esplorare i mercati, ma il vero handicap che impedisce l'accesso agli investitori obbligazionari è di natura fiscale.

Quali sono gli svantaggi per le imprese non quotate in Borsa?
Se un'azienda non quotata emette obbligazioni destinate agli investitori istituzionali, il pagamento degli interessi è soggetto a imposta sostitutiva. Le imprese quotate in Borsa, invece, non hanno questa imposizione. Questo, di fatto, impedisce a chi non è a Piazza Affari di finanziarsi attraverso i mercati obbligazionari. Ma c'è dell'altro: le società non quotate hanno un problema anche per quanto riguarda la non deducibilità degli interessi.

È per questo che in Italia si emettono pochi corporate bond e le imprese dipendono dal sistema bancario?
Questa è la causa principale. Una volta si emettevano bond attraverso veicoli lussemburghesi, ma oggi questa pratica è malvista dall'Agenzia delle entrate. Per dare alle imprese italiane il pieno accesso al mercato obbligazionario, permettendo loro di smarcarsi un po' dalle banche, serve una riforma fiscale. Non c'è altra strada.

Ma non si può scaricare tutta la colpa sullo Stato. È nota, per esempio, la riluttanza in Italia a chiedere un rating. E senza voto è difficile emettere bond.
È vero, i problemi sono tanti. In Italia l'utilizzo del rating è molto inferiore rispetto ad altri Paesi. Questo è un dato di fatto. Da un lato perché all'imprenditore italiano, generalmente, non piace il rating: tanti sono convinti che la propria azienda non possa avere altro voto che una tripla A, e quando scoprono che non è così preferiscono evitare la valutazione. Ma è anche vero che le agenzie di rating penalizzano solitamente nel risultato finale le imprese di medie dimensioni. Ci sono però anche altri motivi.

Per esempio?
In Italia un mercato dei corporate bond è difficile da creare anche a causa della dimensione medio-piccola delle imprese. Se non ci sono adeguate dimensioni, è impossibile emettere bond. Fino ad oggi la panacea era il sistema bancario: ha sempre erogato credito a tassi bassi. Ma oggi, alla luce di Basilea 3, non è più così: le imprese devono trovare canali di finanziamento alternativi. E l'unico modo per incentivarle a farlo è attraverso una riforma fiscale. (My.L.)

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