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Questo articolo è stato pubblicato il 13 aprile 2011 alle ore 09:09.
L'ultima modifica è del 13 aprile 2011 alle ore 09:09.

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Ricerca-Industria andata e ritorno. Alessandro Sette è settimo nella lista dei «Top Ita lian Scientist», secondo la graduatoria dell'H-index, l'indicatore usato per misurare la produttività scientifica di un ricercatore. La lista include i cervelli nazionali “in fuga” come Sette che, dopo essersi laureato in biologia a Roma, è andato in Colorado per la ricerca (al National Jewish Hospital di Denver) e poi in California per l'industria: prima come capo del dipartimento immunologia della Cytel e poi come cofondatore della Epimmune (che ai tempi erano entrambe quotate al Nasdaq).
Alla fine, in California è rimasto, ma solo dopo un viaggio di ritorno sui lidi della ricerca: oggi Alex Sette guida la divisione vaccini del La Jolla Institute for Allergy and Immunology, vicino a San Diego. «Adesso mi occupo di tubercolosi, dengue, allergie», dice. Ma in vita sua, si è occupato di tutto: dalla Sars all'influenza aviaria, fino al vaiolo, ufficialmente scomparso ma sempre nel radar di chi teme il bioterrorismo. «Dopo l'undici settembre, le agenzie federali americane avevano messo una certa enfasi, nella prevenzione di attacchi biologici», racconta Sette al telefono. «È stato un bel lavoro da detective: studiare daccapo il vaccino del vaiolo e ridefinirlo in chiave moderna».

Sette spicca nella top ten degli scienziati italiani per essere «il più giovane». Lui se la ride: «Sono lusingato, ma compio 51 anni ad agosto. La verità è che l'H-index premia quelli che che scrivono i paper più citati e quindi si riferisce al passato: a volte ci vuole un anno, prima che una pubblicazione scientifica venga accettata col sistema della peer review. Poi deve essere letta, digerita e ci vorrà almeno un altro anno prima che venga citata». Senza contare che l'H-index favorisce alcune materie (prima su tutte la medicina) e sfavorisce altre che pubblicano e vengono citate di meno (come la matematica).
Lui non si considera un vero cervello in fuga. «È solo andata così. Andarsene è sempre difficile – ammette – ti mancano la famiglia, gli amici. Ma se resisti qualche anno, ti abitui e tutto va bene». Per non dire benissimo. «La meritocrazia americana può essere brutale e spietata, ma funziona». «La ricerca italiana è eccellente, ma è arrivato il momento di aumentare gli investimenti e l'impegno: la Cina e l'India hanno cambiato marcia, la ricerca è diventata lo scenario di una nuova competizione globale. Chi può permettersi di restare indietro?».

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