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Questo articolo è stato pubblicato il 22 aprile 2011 alle ore 07:36.

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A Berlino è l'idea di una Transfer Union ad avvelenare gli animi. Si tratta di un concetto che non appartiene all'Europa, ma al bilancio federale tedesco. Ogni anno è previsto per legge un montante di trasferimenti finanziari dalle regioni ricche a quelle povere. Il Transfer è diventato imponente con l'unificazione tedesca, quando le differenze di reddito all'interno della Germania si sono ovviamente molto ampliate. Se gli aiuti alla Grecia fossero la conseguenza di uno shock finanziario globale che avviene una volta ogni secolo, allora non ci sarebbe ragione di pensare che l'euro sia diventato una trappola per i contribuenti tedeschi. Ma se i problemi sono "strutturali", d'innata inefficienza dell'economia greca, o "culturali", una diffusa mentalità di parassitismo mediterraneo, allora le cose cambierebbero e i trasferimenti di reddito finirebbero per ripetersi per molti anni a venire. Per questo la mentalità greca deve cambiare e diventare più europea, non più greca...

Dietro la vittoria dei "Veri Finlandesi", passati dal 4 al 19% dei voti, c'è stata una campagna elettorale condotta su un solo tema: niente soldi alla Grecia e al Portogallo. Certamente ci sono sentimenti localisti e anti-europei – quelli ci sono sempre stati in tutti i Paesi d'Europa a partire dal '92 - ma c'è soprattutto un'esperienza storica vissuta sulla pelle dei cittadini. La stessa esperienza in un certo senso che ha permesso alla politica italiana di muoversi con estrema cautela nella gestione del debito pubblico senza per questo perdere il consenso degli elettori.

Durante una riunione dell'Fmi tra i ministri finanziari, qualcuno ha calcolato che una ristrutturazione del debito greco attraverso un haircut – una perdita a carico del creditore - pari al 40% del valore dei titoli corrisponde all'allungamento dell'età pensionabile dei greci di un solo anno. Ma l'ossessione per la ristrutturazione del debito, che domina le cronache, sta mettendo in secondo piano il tema delle riforme strutturali che i Paesi indebitati possono e devono affrontare.

Si tratta di un paradosso in particolare quando le voci di ristrutturazione vengono dalla Germania. Sono proprio i contribuenti tedeschi che accuserebbero le perdite più alte in caso di taglio forzoso del debito greco. Fa capo alla Germania infatti la quota più elevata del capitale della Bce, che ha in portafoglio il 15% dei titoli sovrani greci. Sono inoltre tedesche alcune delle banche più esposte ai debiti della periferia. Inoltre è proprio la Germania ad avere sostenuto, molto correttamente, la necessità di accompagnare gli aiuti finanziari europei a programmi di riforma strutturale dei Paesi indebitati. Se ci fosse un default, allora sì che le perdite si farebbero sentire sui tedeschi e l'antipatia per l'Europa avrebbe una giustificazione.

In linea di coerenza non ci sono dubbi: la Grecia deve affrontare la cura senza sperare in scorciatoie. Quanto agli euroscettici italiani è bene che non parlino a volume troppo alto. Potrebbero sentirli. E forse anche esaudirli.

cbastasin@brookings.edu

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