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Questo articolo è stato pubblicato il 20 giugno 2011 alle ore 11:27.

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Ah, i bei tempi della dracma! Era inevitabile che in Grecia tornasse un po' di nostalgia per la moneta nazionale. Senza l'euro, si pensa, sarebbe stato tutto più semplice, e soprattutto sarebbero state minori quelle pressioni internazionali che costringeranno il governo a varare un altro, durissimo piano di austerità.

È un'illusione. Quella di sempre: l'abbaglio che fa credere all'esistenza di soluzioni senza costi. Dietro c'è un ragionamento semplice ma astratto, maledettamente astratto. E quindi pericoloso. L'idea di fondo, vera, è che con un cambio fisso – come è quello che lega i paesi di Eurolandia – non è possibile né svalutare (né rivalutare). Quando l'economia va fuori strada, non potendo toccare la valuta, occorre far scendere i prezzi e i salari. Una soluzione dolorosissima, che dovrebbe spingere tutti i cittadini e tutti i governi a evitare come la peste di cadere in situazioni che la richiedano.

Ecco come nasce l'invocazione di oggi: se ci fosse stata la dracma, invece! Se ci fosse stata la dracma la Grecia non avrebbe avuto dieci anni di tassi d'interesse molto bassi e un mercato europeo integrato a disposizione; ma effettivamente oggi, o forse ieri, avrebbe potuto svalutare, con un forte stimolo alle esportazioni, che nel paese reagiscono piuttosto bene alle variazioni del cambio. Sarebbe stato un aiuto alla crescita che avrebbe compensato in parte il peso della (inevitabile) austerità. Il costo, naturalmente, non sarebbe stato indifferente: non esistono pasti gratis.

Modificare un prezzo così rilevante – quello del denaro rispetto alle altre valute – comporta una serie di conseguenze non irrilevanti. C'è un effetto di redistribuzione, innanzitutto: si stimolano e si aiutano i settori – le aziende, i lavoratori – orientati ai mercati esteri (che farebbero bene, invece, a non sfuggire alla disciplina della concorrenza internazionale) penalizzando invece quelli dei settori "domestici". C'è poi una forte spinta ai prezzi, non certo benefica in un paese che – prima dell'adesione a Eurolandia – aveva un'inflazione media del 4,6% annuo: sarebbe una droga, che scatenerebbe ancora una sfida (redistributiva) tra aziende e lavoratori per il recupero di margini e salari reali. Facile capire chi perderebbe: l'inflazione è una tassa sui poveri. Non è detto infine che una ristrutturazione del debito, vista l'esposizione con l'estero, sarebbe stata una decisione più semplice da prendere, e più facile da gestire nelle sue conseguenze.

Chi ha nostalgia della dracma immagina comunque che i costi di una svalutazione sarebbero stati inferiori ai costi. È una valutazione da verificare, ma in astratto legittima. L'errore fatale sta nel pensare che, per risolvere tutto, basterebbe ora, in questa situazione, uscire dall'euro e tornare alla dracma. Persino all'estero – un esempio è il sindaco di Londra Boris Johnson – si fanno pressioni perché questo accada. In questo caso, però, i costi sarebbero davvero enormi. Al di là dei costi del changeover (che va organizzato), dopo dieci anni di cambio fisso la svalutazione necessaria sarebbe eccessiva e avrebbe effetti dirompenti. Senza contare che – a meno di un default in grande stile, anch'esso rischioso e oneroso – il debito andrebbe rimborsato in euro, a quel punto diventato carissimo. Il peso, sul paese, sarebbe insopportabile.

L'Unione monetaria è questa. Non il dominio di un'ideologia "rigorista" e in fondo "conservatrice" – che pure si annida in molti ambienti – ma una realtà fatta di vincoli e di opportunità diversi da quelli a cui i paesi con una politica monetaria e fiscale autonoma devono affrontare. I vantaggi forse non sono immediatamente percepiti, anche se sono davvero notevoli, gli incentivi a essere rigorosi forse sono relativamente deboli, ma le punizioni per chi esce fuori strada sono molto pesanti. La Grecia "paga" gli errori di una classe politica che, per ragioni elettorali, ha mentito e illuso il paese, applicando strategie economiche finto-keynesiane – che Keynes avrebbe, e ha ai suoi tempi, disapprovato - benefiche come una dieta di dolci per un diabetico. E, purtroppo, non ha molte vie di scampo. Se non nel mondo dei sogni.

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