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Questo articolo è stato pubblicato il 24 luglio 2011 alle ore 14:24.

Detto tutto questo e sperando sia nell'esito positivo della tormentata vicenda greca, sia nell'evoluzione futura della governance economica europea, non possiamo non chiederci quali sono i riflessi sulla vicenda italiana di quanto è accaduto e di quanto potrà accadere. Nell'immediato non potevano che essere positivi, giacché bloccando la malattia nel suo primo portatore si è bloccato con ciò stesso il contagio. E l'Italia aveva cominciato a ballare più in questa chiave che non in ragione della sua situazione interna, come ha vistosamente dimostrato la turbolenza che era rimasta attorno a noi, nonostante l'approvazione da parte nostra di una manovra indiscutibilmente severa. Non a caso, del resto, appena si sono conosciute le conclusioni del Consiglio europeo pur finalizzate alla Grecia, salvo la parziale prolunga su Portogallo e Irlanda, gli spreads sui nostri titoli pubblici sono tornati rapidamente a scendere.

È anche prevedibile - e spero proprio di non sbagliarmi - che la bonaccia continui a durare per un po', sempre che il piano europeo appena approvato continui a riscuotere fiducia e non abbia intoppi. Ma prima o poi, e a prescindere da questa stessa bonaccia, l'attenzione finirà per rivolgersi direttamente all'Italia alla ricerca di risposte riguardanti direttamente l'Italia, se non altro perché uno degli effetti delle misure adottate per la Grecia è di ricondurre nuovamente il suo debito attorno al 100% del Pil. Il nostro, a questo punto, torna ad essere il debito percentualmente più alto della zona euro ed è un debito, in valore assoluto, che pesa ben più di quello greco e ci porta a presentarci sul mercato con richieste di rinnovi massicci come quelli di pochi altri.

Saremo quindi sotto i riflettori e sotto la loro luce scorreranno i dati paralleli delle scadenze del nostro debito, degli impegni da noi assunti per ridurlo e delle risorse di cui disporremo per soddisfarli. E qui lo sappiamo tutti che, al di là del 2014 per ora messo a posto, noi saremo in grado di rispettare i nostri impegni solo se la nostra crescita riuscirà a salire, e al più presto, attorno al due per cento. Ma che cosa succederebbe se non dovesse riuscirci, se i mercati ci facessero quattro conti sopra e concludessero che è a repentaglio la nostra solvibilità di debitori?

Non facciamoci illusioni. Ci sarà pure una governance europea più affidabile, ma l'Italia - lo si sente già dire - è troppo grossa per essere salvata come la Grecia. Dovrà salvarsi da sola e lo scudo dell'Eurozona potrà essere per lei soltanto un complemento. Teniamone conto e prepariamoci a prevenire future turbolenze. Come? Con l'imposta una tantum sulla ricchezza che io stesso proposi come extrema ratio, dice oggi qualcuno pensando ad abbattere subito il nostro debito al di sotto del 100%. No, rispondo io, non è accettabile che il secondo paese manifatturiero d'Europa sia afflitto da una stagnazione che rinnega il potenziale che esso ha nelle mani. Proviamo prima con azioni efficaci per la crescita. Certo, occorre una elite dirigente capace di identificarle con intelligenza (e quindi oltre le ricorrenti banalità), di promuoverle con coraggio e di farle condividere con credibilità e passione dall'intero paese in un essenziale impegno collettivo. Auguriamoci di saperla esprimere.

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