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Questo articolo è stato pubblicato il 06 agosto 2011 alle ore 08:15.

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Il primo atto del dramma del debito dell'eurozona ha visto palesarsi la possibilità di insolvenza di uno Stato membro dell'Ue. Si è concluso a fine luglio quando la massima autorità della Ue, il Consiglio europeo, ha riconosciuto ufficialmente che la Grecia non ha bisogno di una riduzione dei suoi obblighi di pagamento. Ma questo riconoscimento della realtà non mette fine al dramma. Nel secondo atto si tratterà di ricreare prospettive di crescita per la periferia della Ue, una sfida ancora più difficile.

Il problema principale è semplice: fino al 2008, questi Paesi hanno beneficiato di un lungo boom basato su un credito poco costoso e abbondante, che ha permesso loro di finanziare un ampio deficit della bilancia dei pagamenti. Ma qualsiasi boom delle importazioni genera l'impressione ingannevole di una capacità produttiva dell'economia locale. Immaginate un Paese che, per esempio, incrementa le importazioni di automobili e altri beni di consumo, di una somma pari al 10% del Pil iniziale. Questi beni vengono venduti ai consumatori locali dalle concessionarie d'auto e da una catena di rivenditori e dettaglianti. Tutti questi intermediari hanno dei costi che devono essere sostenuti dal consumatore locale, con conseguenze lusinghiere sulle statistiche relative al Pil nazionale, perché, tecnicamente parlando, tali costi creano valore aggiunto nei servizi d'intermediazione. Il boom delle importazioni determina quindi anche una maggiore crescita del Pil rilevato.

Quanto è grande la crescita del Pil indotta da un incremento delle importazioni? Il prezzo al dettaglio è spesso più di due volte quello all'ingrosso pagato dall'importatore. Il valore aggiunto in loco alle importazioni potrebbe facilmente uguagliarne il costo. Questo implica che un aumento delle importazioni di beni di consumo equivalente al 10% del Pil potrebbe generare anche un incremento del Pil rilevato nell'ordine del 10 per cento. Ma è vero anche il contrario: quando finisce il boom delle importazioni, il Pil rilevato deve subire un netto calo, perché c'è bisogno di molta meno intermediazione. Questa flessione del Pil, pur essendo una naturale conseguenza del calo delle importazioni di beni di consumo, viene spesso erroneamente percepita come qualcosa da evitare, perché sembra implicare che la produzione sia al di sotto del suo "potenziale."

In un'economia completamente flessibile, si potrebbe evitare tale flessione del Pil rilevato (e il concomitante aumento della disoccupazione) se le risorse utilizzate in precedenza per la vendita di beni di consumo importati potessero essere rapidamente riutilizzate per generare esportazioni. I commessi dei negozi al dettaglio e i concessionari di automobili non sono però facilmente trasformabili nei lavoratori specializzati e competenti richiesti dal moderno sistema produttivo.

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