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Questo articolo è stato pubblicato il 23 agosto 2011 alle ore 10:43.
L'ultima modifica è del 23 agosto 2011 alle ore 10:43.

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Questo agosto sarà ricordato come il mese delle "r": escludendo quella di ripresa, che ancora non c'è, restano recessione, recupero, rimbalzi e ricadute. Anzi, di più: da ieri c'è anche la r di rivoluzioni. In una Borsa ormai rimasta senza parole, basta trovare la lettera giusta e nella giusta sequenza per riscoprire il fascino di suggestioni e scommesse.

E dopo giorni di angoscia, il raggio di speranza che ha illuminato ieri Piazza Affari ha scatenato immediatamente le puntate sulla r del momento: è quella di rimbalzo? O forse è la ripresa? E se invece fosse tutto legato solamente alla rivoluzione in Libia, visto che a guidare il recupero sono stati i titoli petroliferi ed energetici?

Forse c'è anche questo. Ma di certo non troppo: se a ogni caduta di dittatore africano corrispondesse un balzo delle Borse mondiali, la primavera araba avrebbe ormai dovuto portare Wall Street e l'Europa ai loro massimi storici. Detto questo, è bene accantonare suggestioni ed euforie: la realtà è che il quadro macroeconomico mondiale non è cambiato, l'Europa continua a litigare sugli eurobond, la Bce continua a spendere decine di miliardi per sostenere i BTp mentre in Italia sembra più facile pensionare la manovra che toccare la pensione agli italiani. Insomma, il rimbalzo di ieri non solo non è la ripresa della Borsa, ma è anzi la dimostrazione palese che il mercato continua a muoversi alla giornata, andando lungo dove vede gli spazi (i titoli energetici e petroliferi nella fattispecie) per poi richiudersi a riccio quando si accorge di aver allungato troppo il passo.

E ieri, come dimostrano le vendite che hanno dimezzato nel finale i guadagni dei listini, è andata proprio così.
Prudenza resta dunque la parola d'ordine. Gli investitori hanno portato le valutazioni dei titoli ben al di sotto dei loro livelli tecnici, aprendo grandi spazi per gli acquisti a buon mercato, ma non hanno certamente finito la correzione dei rapporti con la politica.

E qui trovare il fondo è molto più difficile. Nel polverone sollevato dal braccio di ferro tra i due mondi, un elemento è comunque chiaro: la Borsa non chiede di risolvere tutti i problemi in un colpo, ma almeno di affrontarne e risolverne uno alla volta. Ieri, come ha messo in evidenza domenica Il Sole 24 Ore, la questione dei cambi è tornata ad avere un ruolo centrale nelle ansie e nelle aspettative degli investitori e delle Borse.

a corsa del franco svizzero e dello yen, la resistenza dei cinesi a far salire lo yuan e l'altalena dell'euro dietro la spinta di un dollaro tendenzialmente al ribasso stanno facendo da bussola ai flussi di capitale che cercano una rotta nella bufera dei listini. A questo proposito, è bene rilevare che il rimbalzo dei mercati azionari sembra essere stato molto più favorito da fattori tecnici degli indici e dall'auspicato indebolimento dello yen sul dollaro, che dall'assedio di Tripoli o il nuovo ciclo lunare.

Per uscire da rimbalzi e ricadute ed entrare nella fase della ripresa (cioè la r più importante delle altre), la Borsa si aspetta un impegno concreto dei Governi e delle grandi potenze finanziarie a contenere gli squilibri valutari e commerciali che aiutano alcuni nel breve periodo, ma che rendono per tutti più difficili le manovre di risanamento e crescita delle economie nazionali. Se prima non si crea un campo livellato, lo sanno bene persino i calciatori, è difficile impostare tanto i ruoli che il gioco di squadra. In questo senso, sarebbe più opportuno e produttivo per i mercati che l'Europa si concentrasse di più sull'apertura di un grande tavolo di confronto con Cina e Stati Uniti per riformare il sistema mondiale dei cambi che continuare a dare improbabili lezioni a Washington sulla perdita della tripla A, sul debito e sul modo per uscirne.

Ciascuno affronti e risolva i suoi problemi insomma, muovendosi però all'interno di una strategia comune: e questo, a dirlo, è più il buon senso che i mercati. Infine, tanto per tenere alta l'attenzione dei naviganti, è bene ricordare che siamo agli ultimi giorni di tregua tra vigilanti e speculatori. Venerdì scadrà infatti il divieto di short selling imposto una decina di giorni fa in mezza Europa per arginare il crollo dei titoli finanziari e bancari. Il provvedimento, che da sempre è materia di scontro ideologico tra mercatisti puri e interventisti anti-speculazione, dovrà essere rinnovato per prudenza o abbandonato per fiducia? La scelta, ovviamente, la faranno le autorità di vigilanza europee, tra cui la Consob di Giuseppe Vegas.

Da Roma fanno sapere che la Commissione si riunisce ormai tutti i giorni per tenere la situazione sotto controllo e che la questione del rinnovo del divieto di short selling sarà affrontata con i colleghi europei a fine settimana, quando si tireranno le somme sull'andamento degli indici e l'umore dei mercati. Certo, con tutte le "r" che restano sul tavolo la prudenza non dovrebbe essere mai troppa. Se è vero, come dicono in molti, che il blocco del prestito titoli non cambia affatto la volontà ribassista del mercato e rappresenta solo un "pannicello" che nasconde altri problemi, è altrettanto vero che le manovre degli speculatori e le loro astuzie sono ben più veloci degli occhi e delle pistole dei vigilanti. E se è vero che bloccare lo short selling rischia di spostare le operazioni ribassiste allo scoperto su comparti che ne sono solitamente estranei, è altrettanto vero che chi lo dice ammette implicitamente che una distorsione provocata dallo short esiste ed è anche misurabile.

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