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Questo articolo è stato pubblicato il 08 settembre 2011 alle ore 08:36.
L'ultima modifica è del 08 settembre 2011 alle ore 08:44.

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La Corte costituzionale tedesca ha respinto ieri l'obiezione di illegittimità degli aiuti offerti alla Grecia dalla Germania nel contesto delle decisioni dei Consigli europei del 2010. La sentenza è stata accolta con sollievo in tutta Europa. Essa contiene osservazioni che garantiscono l'impegno tedesco a difesa dell'euro e del progetto europeo.

Ma prima di rallegrarsi sarà necessario valutare, più in profondità di quanto possibile in queste ore, le implicazioni del giudizio della Corte su tre piani: quello dei mercati, quello istituzionale e infine quello politico. Alcune osservazioni sembrano cruciali per l'Italia.

I mercati
Hanno reagito positivamente perché è stato evitato un clamoroso giudizio di incostituzionalità del salvataggio dei Paesi in crisi.
Inoltre i giudici di Karlsruhe, pur sancendo l'obbligo di coinvolgimento del Parlamento tedesco, hanno impegnato il Governo a ottenere principalmente il voto della Commissione bilancio del Bundestag, un organo di 41 parlamentari (22 della coalizione di governo), tra i quali raramente sono presenti voci di populismo radicale. Tuttavia tra i motivi con cui la sentenza legittima le decisioni del Governo di aiutare la Grecia c'è la dimensione dei prestiti e delle garanzie, tale da non pregiudicare l'esercizio autonomo delle politiche di bilancio tedesche. Nel dispositivo si fa capire chiaramente che ove la dimensione degli aiuti fosse molto più rilevante di quelli alla Grecia, il Governo finirebbe per pregiudicare il diritto del cittadino a una politica di bilancio «elemento centrale della formazione della volontà democratica». Il limite da non superare viene posto al livello in cui l'autonomia di bilancio del Parlamento venga completamente svuotata e la valutazione viene lasciata al Bundestag. La sentenza sembra dunque lasciare in dubbio che un Paese delle dimensioni del l'Italia possa essere salvato.

Le istituzioni
Nelle ultime settimane il Governo italiano ha cambiato almeno quattro volte la manovra di bilancio per renderla accettabile alle istituzioni europee e ai partner. Negli stessi giorni la Spagna ha introdotto una modifica della legge costituzionale. Ciò a cui assistiamo non è "la dittatura dei mercati", bensì un'evoluzione nel rapporto tra sovranità nazionali e principio di interdipendenza europeo. Anche la Corte di Karlsruhe si riferisce infatti alla cosiddetta "clausola di apertura" nella Legge fondamentale per giustificare il fatto che l'integrazione europea «vincola la Germania non solo per legge ma anche nelle sue decisioni di politica finanziaria». Questo non significa però che i Parlamenti nazionali possano essere privati delle loro prerogative. I giudici ne deducono che non possano essere creati meccanismi automatici e permanenti di stabilità finanziaria che privino il Bundestag della possibilità di esprimere la propria volontà e il proprio controllo. Ciò anche in caso di un Trattato europeo che istituisca tali meccanismi, se le conseguenze non possono essere ben calcolabili. Il rischio è che gli eurobond rientrino in questa categoria. Anche sull'Esm (il fondo di stabilizzazione che sarà varato nel 2013) restano dubbi per la sua non temporaneità.

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