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Questo articolo è stato pubblicato il 05 ottobre 2011 alle ore 10:29.

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(AP)(AP)

La crisi di fiducia che sta colpendo l'importante banca franco-belga Dexia propone almeno quattro lezioni che le istituzioni dell'Unione Europa dovrebbero imparare a memoria, di cui una riguarda specificamente la Banca centrale europea. La prima lezione è che le crisi di fiducia aziendale su una banca nascono quando è in dubbio la solvibilità, a prescindere dalla dotazione di capitale di rischio.

Una ennesima dimostrazione – ma evidentemente non sono mai abbastanza – che l'odierna ossessione, coltivata dai mercati e colpevolmente blandita dalla autorità di controllo, di considerare la capitalizzazione delle banche come il principale presidio della sana e prudente gestione sia non solo inutile, ma anche dannosa.

Dexia è una banca che aveva pesantemente sofferto i colpi della crisi finanziaria del 2008: è stata salvata, grazie all'intervento congiunto dei governi di Belgio, Francia e Lussemburgo nella sua ricapitalizzazione. Dunque siamo di fronte ad una banca pubblica dotata di capitale di rischio; sembra il massimo della sicurezza, se si segue la (cattiva) vulgata delle regole di controllo. Peccato che quello che conta sia la qualità dell'attivo.

Il rapido deteriorarmento della percezione della solvibilità della banca franco - belga, dovuto all'eccessivo peso che nel suo portafoglio hanno i titoli sovrani a rischio insolvenza ed ai rischi di illiquidità - anche correlati - hanno provocato il tracollo di fiducia. Ancora una volta, per fronteggiare il rischio sfiducia non serve a niente né l'ammontare del capitale di rischio né la qualità degli azionisti. Il rischio sfiducia va prevenuto; oggi i coefficienti di liquidità sono verosilmente più importanti di quelli di capitale; peccato che le autorità li abbiano invertiti nella loro scala di priorità, come è evidente guardando alla road map verso Basilea 3.

La seconda lezione è che le crisi di fiducia aziendali rischiano di diventare sistemiche quando di mezzo c'è una grossa banca. Anche il legame tra rischio sistemico e dimensione delle banche coinvolte - direttamente o indirettamente - in turbolenze finanziarie era stato già macroscopicamente evidenziato durante la crisi del 2008-2009: Lehman Brothers divenne la miccia della deflagrazione perché ignoti erano gli effetti del suo fallimento sul sistema delle grandi banche commerciali, fortemente interconnesso con i mercati finanziari, inclusi quelli ombra.

Occorre porre dei limiti alla crescita degli intermediari bancari, utilizzando vincoli alla leva finanziaria. Anche in questo caso, i coefficienti patrimoniali non servono a nulla, perché le poste dell'attivo vengono "rimpicciolite", utilizzando le ponderazioni per il rischio. Ed anche in questo caso, l'importanza dei limiti alla leva è purtroppo stata minimizzata nel disegno della nuova (??) regolamentazione internazionale.
Ora occorre evitare che il caso Dexia diventi una pericolosa palla di neve che innesti una valanga di sfiducia sistemica.

Occorrono una politica efficace sia della liquidità che della gestione della crisi di fiducia.Per cui la terza lezione è che il governo della liquidità europea ai fini della stabilità finanziaria è oggi più che mai nelle mani della Bce. Sono tempi straordinari, e condizioni ordinate sui mercati bancari e finanziari rappresentano la pre-condizioni per avere anche una efficace politica macroeconomica della stabilità monetaria. Per essere chiari: ci auguriamo che nella sua oramai imminente comunicazione al mercato la Banca Centrale Europea dia segnali chiari e forti sullo stato della liquidità del sistema bancario europeo, oltre alle tradizionali informazioni sull'andamento dei prezzi al consumo.

Per quel che riguarda la gestione della crisi, la buona notizia è che nel caso di Dexia si stia pensando alla messa in opera di una bad bank. Piuttosto che baloccarsi con una ennesima (inutile) ricapitalizzazione, è auspicabile che venga scelta la strada maestra della pulizia dei bilanci. Lo stesso buon senso andrebbe applicato - ma non lo sarà - per il decollo del Fondo Europeo di Stabilità Finanziaria (Efsf). La cattiva notizia è che la gestione europea della crisi Dexia verrà gestita da governi e regolatori nazionali, in assenza di una Autorità Finanziaria Europea. Nonostante la crisi del 2008-2009, l'Unione Europea non ha trovato la forza politica e la lungimiranza economica di fare un salto di qualità nella politica di prevenzione e gestione delle crisi bancarie. All'epoca scrivemmo che i risultati della miopia sarebbero stati presto evidenti. Purtroppo era una facile previsione.

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