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Questo articolo è stato pubblicato il 13 ottobre 2011 alle ore 07:50.
L'ultima modifica è del 13 ottobre 2011 alle ore 08:34.

La Liguria sembra una foto ingiallita degli anni '70. Le grandi imprese trascinate nel dissesto delle partecipazioni statali, la Fincantieri al collasso, i metalmeccanici della Fiom regionale nelle mani di un esponente di Lotta comunista, le strutture ospedaliere costruite trenta o quaranta anni fa monumento al monopolio di una sanità pubblica che non sa più come arginare i costi dell'invecchiamento della popolazione: 1,6 milioni di abitanti, il 27% dei quali sopra i 65 anni. La spesa sanitaria nel 2010 è stata di poco superiore a tre miliardi, l'81% delle spese correnti regionali.

Genova è tra le città europee con il tasso più alto di anziani. Ha perso 200mila abitanti in vent'anni. Le sue ultime opere infrastrutturali – sopraelevata, fiera, aeroporto – risalgono agli anni '60 e quelle in fase di progettazione come l'ampliamento del ponte autostradale sul Polcevera, vengono contestate dalle fasce più anziane della popolazione che colgono solo il fastidio dei lavori in corso e non i vantaggi delle nuove opere. Il porto, che avrebbe dovuto simboleggiare la ragion d'essere di questa città, scivola in fondo alla graduatoria europea per traffico merci: i container che passano per Genova sono un settimo di quelli movimentati a Rotterdam. I giovani fuggono. Anche i malati emigrano nelle regioni limitrofe. Gli spezzini in Toscana, i savonesi in Piemonte, i genovesi in Lombardia. Il conto è salato: 40 milioni le prestazioni sanitarie pagate ad altre Regioni nel 2009.

Dopo la parentesi del centro-destra, salita al governo regionale nella prima metà degli anni Duemila, il timone è tornato nella mani della sinistra, che ha sempre avuto un ruolo egemone in Liguria. Governatore al suo secondo mandato è il dalemiano Claudio Burlando, ex ministro dei Trasporti. Contro di lui, Marco Preve e Ferruccio Sansa, autori del saggio-inchiesta "Il partito del cemento", hanno sferrato un pesante atto d'accusa denunciando i «frequenti episodi di osmosi politica» tra Burlando e l'ex ministro del Pdl Claudio Scajola, ligure di Imperia. I due giornalisti scrivono anche dei rapporti ravvicinati tra il governatore e Franco Lazzarini, azionista della prima società italiana di brokeraggio, Ital Broker. È la rappresentazione di una sinistra che invoca le riforme ma che resta statalista e consociativa nel profondo, prigioniera di un'idea di sviluppo fondata ancora oggi sul primato del pubblico. «È il vecchio Pci che avanza» dicono i genovesi che la buttano sul ridere. In Liguria l'unico privato che non conosce crisi è il mondo delle cooperative rosse. I più grandi lavori di riqualificazione urbanistica e di costruzione sono realizzati dal colosso reggiano Coopsette, da Coop Liguria e da Abitcoop: dall'ex Ansaldo alla Fiumara, tra Sampierdarena e Cornigliano, un affare da oltre 200 milioni su una superficie di venti ettari, al centro commerciale edificato nelle aree delle ex raffinerie Garrone di San Biagio. L'asse con il Pd e il rapporto consolidato con il presidente Burlando hanno spianato la strada alle coop, che godono di corsie preferenziali negli iter autorizzativi e acquistano aree industriali dismesse che riconvertono in città mercato con alberghi, grattacieli, sale cinematografiche. Il Bentley, unico hotel a cinque stelle di Genova costruito da Coopsette, la cui gestione è stata da poco rilevata dal gruppo Melià, è stato ricavato nell'edificio che ospitava il quartier generale dell'Ilva. Un luogo simbolo della vecchia città-fabbrica trasformato in albergo di lusso.

Le coop si servono del loro potere economico per far breccia nella finanza. Remo Checconi e Bruno Cordazzo, uomini forti del sistema cooperativo regionale, siedono nel consiglio d'amministrazione di Banca Carige accanto ad Alessandro Scajola, fratello dell'ex ministro.

Spartizioni, giochi di potere e lottizzazioni non giovano alla buona salute dei conti regionali. Sergio Rossetti, assessore regionale al Bilancio, è alla continua ricerca di nuove entrate: «Dopo il decreto 78 del 2010 la cassa diminuisce al ritmo di 13 milioni al mese. Il fondo sanitario nazionale ci deve ancora 72 milioni per il 2009, di cui aspettiamo il versamento, e altrettanti per il 2010. Alla fine del 2009 avevamo concluso il piano di rientro del bilancio concordato con il governo, ma l'anno scorso ci sono stati sottratti altri 20 milioni dal fondo sanitario». Eventi che mettono a repentaglio la tenuta della cassa. «Rischiamo – prosegue – di non potere più sostenere i servizi pubblici essenziali».

Ci vorrebbero tagli robusti al bilancio, ma l'assessore alla Sanità, Claudio Montaldo, dà i numeri col contagocce, accusano alcuni consiglieri di maggioranza e opposizione. L'accorpamento di strutture ospedaliere, come il San Martino con l'Istituto dei tumori a Genova e il Santa Corona di Pietra Ligure con la Asl 2 di Savona, avrebbe dovuto generare risparmi.

«Alle mie ripetute interrogazioni per conoscere le cifre di questi accorpamenti, l'assessore non si è mai degnato di rispondere» denuncia Raffaella Della Bianca, consigliere del Pdl, politicamente vicina a Claudio Scajola. Critico sulla politica sanitaria è anche Nicolò Scialfa, capogruppo di Italia dei valori, il secondo partito della maggioranza: «Ci sono stati errori di programmazione. Se dobbiamo chiedere lacrime e sangue, vogliamo sapere come sono stati spesi i soldi. Io sono per la sanità e la scuola pubblica ma l'assenza totale di competizione non va affatto bene. Qui c'è un'inchiesta sui medici che timbravano il cartellino negli ospedali pubblici e poi operavano nelle cliniche private». Armando Capurro, consigliere di "Noi con Claudio Burlando" ed ex sindaco di Rapallo, è altrettanto netto: «Per rimettere in equilibrio occorre tagliare i costi. La giunta ha scelto, invece, di cartolarizzare gli immobili: come se una famiglia in difficoltà vendesse i gioielli senza cambiare tenore di vita».

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