Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 30 ottobre 2011 alle ore 13:50.
L'ultima modifica è del 30 ottobre 2011 alle ore 14:10.

My24

Gli altri grandi Paesi invece si muovono seguendo un quadro strategico predefinito, in funzione della difesa dell'interesse nazionale», dissente un alto "papavero". Un'occhiata ai posti e ai numeri rispetto agli altri grandi. In Commissione contiamo sei direttori generali e due vice: otto in tutto come gli inglesi, contro i dieci tedeschi e i nove francesi. Ecfin a parte, la direzione oggi più importante e prestigiosa, abbiamo Interni (Stefano Manservisi), Allargamento (Stefano Sannino), Salute e consumatori (Paola Testori-Coggi), Antifrode (Giovanni Kessler) e Traduzioni e interpreti (Marco Benedetti). Agricoltura ed Energia con i due vice. Se dagli apici si scende ai quadri intermedi, il divario resta invece notevole: 18 direttori italiani contro 28 tedeschi, 27 francesi, 25 inglesi, 24 spagnoli, 16 belgi, 15 greci. Ma la lacuna ancora più pesante da colmare è la virtuale assenza di italiani nelle stanze dei bottoni dei 27 commissari. Vuoto al livello dei capi di gabinetto (escluso in quello di Tajani), che sono soprattutto inglesi e tedeschi ma anche francesi. Scarsa e sporadica presenza per il resto.

In un'Europa che si fa sempre più intergovernativa e sempre meno comunitaria sono più che mai i Gabinetti dei commissari a pilotare le direzioni generali che ad essi fanno capo e di cui hanno la responsabilità politica. A tenere i rapporti con l'europarlamento e le sue commissioni che ormai fanno e disfano la legislazione Ue quasi quanto i Governi. «Gli altri più che ai numeri guardano all'occupazione di posizioni strategiche che consentano di creare efficienti catene di lobbismo per influenzare le decisioni», denuncia un vecchio conoscitore dei segreti di Bruxelles. In questo i tedeschi sono imbattibili (francesi e inglesi stanno perdendo influenza) non solo perché sono fortissimi nel Consiglio con ben tre posti di vertice (il potente segretariato generale, le direzioni Ecfin e Concorrenza) contro uno per tutti gli altri, ma perché sono in grado di condizionare pesantemente anche i lavori dell'europarlamento, attraverso struttura e commissioni, dove «non passa un provvedimento che la Germania non voglia».

L'Italia al Consiglio oggi può contare solo su Leonardo Schiavo, direttore generale a Commercio, allargamento ed esteri. E su un altro italiano nel gabinetto di Herman Van Rompuy, il belga diventato il dominus dell'Eurozona oltre che del Consiglio europeo. Nella struttura europarlamentare, due direttori generali e un altro in arrivo. Nelle sue 22 commissioni, quattro presidenze (Esteri, Costituzionale, Agricoltura e Petizioni) come i francesi, contro le sette tedesche. Ma le nostre, in un organo i cui poteri sono essenzialmente legislativi e di bilancio, sono quasi tutte competenze politiche e molto "alate". Avevamo anche la presidenza dell'importante commissione di controllo del bilancio: persa perché Luigi de Magistris ha preferito lasciare Strasburgo per fare il sindaco di Napoli, secondo consolidate e pessime abitudini nazionali.

Infine quattro Agenzie europee su 33 sono a guida italiana (Eba, Medicinali, Galileo, Regolatori dell'energia), quattro come i tedeschi, tre per i francesi e due per gli inglesi. Alla Corte di Giustizia per la prima volta il vicepresidente è italiano, Antonio Tizzano. Presidente di sezione al Tribunale, Enzo Moavero. Paolo Mengozzi avvocato generale. Al nuovo servizio diplomatico europeo, colonizzato dagli inglesi di Lady Ashton, la nostra presenza piange. Alla Nato italiano è il vicesegretario generale, Claudio Bisognero, e il presidente del Comitato militare, Ammiraglio Giampaolo Di Paola. In un'Unione dove la concorrenza tra Stati membri si fa spietata e soprattutto non perdona più niente, il recente recupero dell'Italia è positivo ma non basta. Perché i giochi che si decidono a Bruxelles fanno la politica, l'economia, le leggi di casa nostra.

Shopping24

Dai nostri archivi