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Questo articolo è stato pubblicato il 11 dicembre 2011 alle ore 13:54.
L'ultima modifica è del 11 dicembre 2011 alle ore 13:58.

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Mi è difficile cedere all'opinione di chi dice: «Poteva andar peggio, non ci fasciamo la testa, in fondo anche un accordo intergovernativo come quello voluto da Angela Merkel e Nikolas Sarkozy è un veicolo di cambiamento». Certo, dovrò prenderne atto e contribuire a ricavare da quanto ormai è stato deciso il massimo di benefici possibili per l'Unione, per l'euro e per il nostro paese.

Ma davvero faccio fatica ad accettare che si possa essere tanto tenaci nel battere strade sbagliate e nel resistere in modo tanto inossidabile a proposte fortemente motivate e largamente sostenute come quelle che già erano venute dal nostro Presidente della Repubblica e da altri, riprese poi dal Gruppo Spinelli (costituitosi a Bruxelles settimane fa) e fatte valere infine nella riunione del Consiglio europeo di venerdì da Mario Monti.
Intanto c'è stata l'inutile messa in scena della proposta di modificare il Trattato per le stesse misure di disciplina fiscale che la Germania ritiene urgenti. Non erano stati certo dei geni coloro che avevano preavvertito che su una proposta del genere sarebbe saltato il Primo Ministro inglese, ponendo gli altri davanti a un pericolosissimo scivolo: quello di accettare le sue pesanti condizioni, salvo assistere poi a un suo referendum interno, che avrebbe bocciato la riforma e magari deciso la stessa uscita della Gran Bretagna dall'Unione.

Siccome lo sapevano tutti che questa era la prospettiva più probabile ed è quindi altrettanto probabile che lo sapessero anche la Merkl e Sarkozy, come non desumerne che la proposta di modificare il Trattato sia stata avanzata al solo scopo di doverla ritirare, per aprire la strada all'accordo intergovernativo che era in realtà il vero scopo sin dall'inizio? Una volta adottata la premessa che per dare disciplina alla zona euro serviva modificare il Trattato, suona così ragionevole biasimare la perfida Albione e far sembrare una necessità dovuta alla sua protervia quella di doversi adattare a un accordo intergovernativo!

Il fatto si è che per rafforzare la zona euro non era affatto necessario modificare il Trattato, bastava applicarne le clausole che riguardano la stessa zona euro, più, eventualmente, la clausola di flessibilità. Il comunicato conclusivo del Consiglio di venerdì indica tra le cose da fare con priorità il rafforzamento per i paesi dell'euro delle procedure e delle sanzioni previste dall'art.126 del Trattato per i disavanzi eccessivi di tutti gli Stati membri. È esattamente ciò che già consente di fare l'art.136 dello stesso Trattato.
Perché allora si è voluto l'accordo intergovernativo con tanta tenacia? Temo che abbiano pesato soprattutto ragioni di politica interna tedesca e quindi il bisogno di convincere la Germania che il suo governo ha la forza di imporre la disciplina anche a quei paesi che, nell'immaginario tedesco, da soli non la saprebbero mai adottare. Le più anonime procedure comunitarie offrono meno visibilità a questi fini.

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