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Questo articolo è stato pubblicato il 28 dicembre 2011 alle ore 06:40.

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Lo smistamento dei pizzini comincia alla metà di dicembre, durante la discussione della legge finanziaria. I collettori delle richieste di solito sono i capigruppo di Pd e Pdl che, a loro volta, girano le richieste all'assessore alla Cultura, che pazientemente ricopia i desiderata in una sorta di libro mastro. A vergare i preziosi pizzini gran parte dei consiglieri regionali del Friuli-Venezia Giulia.

Gli importi variano da un minimo di 5mila a un massimo di 50mila euro. I destinatari sono le centinaia di associazioni sportive, culturali e turistiche. La legge regionale 68/1981, che per ironia della sorte dovrebbe finanziare i "grandi eventi", col passare degli anni si è trasformata in un extrabonus a uso e consumo dei consiglieri regionali.

Proviamo a scorrere i beneficiari del 2009: 5mila euro a Ginnastica triestina e Unione ginnastica goriziana, 7mila alla Sanvitese calcio, 8mila all'Istituto filarmonico sacilese, 50mila alle parrocchie San Lorenzo Martire di Varmo e San Michele Arcangelo di Vendoglio. L'elenco potrebbe andare avanti per ore, e due anni fa sommò 2 milioni di euro.

Legge mancia si dovrebbe chiamare la 68/1981. Che rischia di incorrere, come ripete inascoltato dal 2008 Alessandro Corazza, il più giovane consigliere regionale, nelle pesantissime sanzioni che la Corte Costituzionale ha già irrogato alla Regione Lazio. Dice Corazza: «Il sistema di riparto è sancito da una legge che non chiarisce i criteri e le modalità sulla base delle quali alcune associazioni ottengono un finanziamento e altre no». Non c'è Finanziaria che rimanga fuori dai bonus, neppure quelle lacrime e sangue. E dire che in tempi durissimi come questi di risparmi ci sarebbe gran bisogno: l'indebitamento regionale ammonta a 1,05 miliardi, in calo di mezzo miliardo dal 2008. Ma le aree dove si annidano sprechi e inefficienze non si contano. La spesa sanitaria, prima di tutto, che secondo la Corte dei conti è "fuori controllo". Prova ne è che l'assessore alla Sanità, Vladimir Kosic, presidente della consulta dei disabili e lui stesso disabile dall'età di 15 anni, neppure un mese fa si è dimesso dall'incarico. All'origine dell'abbandono le polemiche bipartisan piovute sull'assessore a proposito della riorganizzazione sanitaria che prevede tra l'altro l'istituzione dell'azienda sanitaria unica.

Sul piede di partenza potrebbe esserci un altro assessore, questa volta un tecnico, il bocconiano e ordinario dell'Università di Udine Andrea Garlatti, l'uomo che avrebbe dovuto ripensare la macchina burocratica regionale. Il sindacato autonomo del personale della Regione ha accusato Tondo di aver nominato la moglie di Garlatti, che già aveva rimpiazzato il marito nel nucleo di valutazione del personale della Provincia di Udine, revisore dei conti della Camera di commercio del capoluogo friulano. Se pure Garlatti dovesse fare un passo indietro, Tondo - che ha rilevato l'interim alla Salute - lo nominerebbe direttore generale della Regione.

Nella ragnatela delle parentopoli friulane rimangono impigliati mogli, fratelli, compagne. Il fratello del nuovo assessore alla Cultura, il pordenonese Elio De Anna, colui che vaglia uno a uno i pizzini dei "grandi eventi", è stato assunto a termine con contratto privatistisco da semplice operaio dell'azienda faunistico-venatoria Picco di Mezzodì. Un ruolo così umile che non ha bisogno di concorso. Ma subito dopo l'assunzione a De Anna vengono attribuiti ruoli e poteri non proprio secondari come l'affiancamento del legale rappresentante dell'azienda e la "programmazione e realizzazione dell'attività di formazione".

Il meridionalissimo "tengo famiglia" ha trovato terreno fertile anche in questa regione a statuto speciale. Una Mitteleuropa felpata e silenziosa solo nei modi. Esempio raro di discrezione è Giulio Camber, giovanissimo sottosegretario in uno dei governi guidati da Bettino Craxi e poi per sei volte senatore della Repubblica. Forte di un potere ben ramificato, Camber ha piazzato la sua compagna al vertice dell'Autorità portuale, una città nella città con funzioni e autonomia superiori a quelli di cui gode il sindaco di Trieste.

Nella triangolazione dei poteri il ruolo di maggior prestigio rimane sempre quello dell'inquilino di Piazza Unità d'Italia, dove asburgicamente si affacciano la Giunta di una Regione a statuto speciale e il municipio di Trieste. Per Renzo Tondo, ristoratore di Tolmezzo che guida una maggioranza Pdl, Lega e Udc, si tratta di un ritorno. Fu già presidente dal 2001 al 2003 preceduto da Roberto Antonione e seguito da Riccardo Illy. Tutti, anche se con stile diverso, hanno salvaguardato la ragnatela inestricabile di società partecipate, il vero tesoro di questa Regione. Solo Friulia, la holding di partecipazione, controlla la bellezza di 118 società pubbliche.

La Regione si occupa di tutto: dai software alla gestione degli impianti di risalita. Un gigantismo che suggerì a Illy di razionalizzare e diversificare. I doppioni saltavano subito all'occhio: c'erano, per esempio, due società di leasing e tutt'ora ci sono due società che si occupano di montagna, Promotur, quella appunto che gestisce 53 impianti di risalita, e Agemont.

Promotur è una delle spine nel fianco di Tondo. L'anno scorso la Regione ha ripianato debiti per 3 milioni e Friulia ha svalutato la partecipazione della controllata per un valore superiore ai 10 milioni. Agemont, invece, vive da mesi una fase di stallo. L'ultima comunicazione dell'assessore al Bilancio, Sandra Savino, è piuttosto laconica: «La gestione delle attività da parte di un unico soggetto giuridico non ha dato i risultati auspicati». Se fanno acqua le società controllate, figuriamoci la controllante. La holding regionale Friulia si è imbarcata in operazioni quanto meno arrischiate. A Trieste tutti citano il finanziamento della Fadalti, una grossa società di commercializzazione di prodotti edili, praticamente fallita qualche mese dopo aver ricevuto un finanziamento sull'unghia di 5 milioni. Ma la Regione aveva fatto molto di più: prima era entrata nel capitale con altri 4,5 milioni, poi è intervenuto il Mediocredito, la banca della Regione, capofila di un pool di istituti di credito che hanno deliberato un finanziamento per un controvalore di altri 9 milioni.

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