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Questo articolo è stato pubblicato il 03 gennaio 2012 alle ore 08:33.

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Caro ministro Profumo,
ci rivolgiamo alla tua cortese e competente attenzione per esprimerti alcune nostre preoccupazioni.

Liberare le energie e valorizzare i punti di forza del Paese appare oggi la strada condivisa per promuovere lo sviluppo: è dunque richiesta la selezione di questi punti di forza e la concentrazione su di essi delle limitate risorse disponibili.

Vanno in direzione opposta, a nostro avviso, i bandi per i Progetti di ricerca di interesse nazionale (Prin) e per i fondi "Futuro in Ricerca".
I primi sono il principale strumento per il sostegno alla ricerca di base nelle Università, i secondi sono uno strumento prezioso per l'inserimento di giovani capaci nel sistema nazionale della ricerca.

Sorprendentemente, e per la prima volta, la procedura di selezione non è più basata esclusivamente sulla validità dei progetti, ma sono introdotti dei limiti numerici sia a quante idee progettuali possono essere proposte da un Ateneo sia, simmetricamente, a quanti giovani possono proporre di svolgere la loro ricerca in una specifica Università.

Tutto è parametrato su una frazione della quantità di personale in ruolo nell'Ateneo. Se questa scelta sottende il principio di mettere tutti sullo stesso piano, a nostro avviso essa parte da un presupposto sbagliato. Non tutti i luoghi sono uguali per svolgere una certa ricerca, e la distribuzione delle "buone idee" non è un fatto statistico che prescinde dalle qualità delle strutture e delle persone.

In questi bandi si chiede agli Atenei di preselezionare i progetti tenendo conto del numero delle proposte presentate nei singoli settori scientifici. Un esempio: se in un settore disciplinare vengono presentati molti progetti di scarso valore, mentre in un altro pochi di alto livello, l'Ateneo dovrà tenere conto delle proporzioni iniziali nell'effettuare la preselezione scartando così progetti buoni a favore di progetti peggiori. Non succede in nessun paese.

Troviamo poi particolarmente inopportuno limitare la libertà di scelta a giovani che vogliono entrare in un particolare ambito di ricerca. Il limite al numero di domande (anche questo parametrato sulla quantità del personale di ruolo) fa sì che giovani brillanti non possano accedere ai luoghi specializzati nel settore di loro interesse, ma debbano distribuirsi uniformemente su tutte le strutture del Paese.

Questo approccio "quantitativo" porterà inevitabilmente alla formazione di "cordate" e di turnazioni nell'assegnazione dei fondi di ricerca poco o per nulla dipendenti dal merito.

Davvero non capiamo e riteniamo inutile descrivere altri effetti distorsivi delle procedure introdotte con l'obiettivo dichiarato di rendere più "semplice" la procedura di valutazione. Segnaliamo tuttavia che esistono consolidate modalità di preselezione che non compromettono la valorizzazione del merito: il numero di domande valutate dallo Erc a livello europeo o dalla Nsf negli Stati Uniti è straordinariamente più grande del numero di domande Prin e Firb "Futuro in ricerca" presentate in Italia. Si è pensato, semplicemente, a riprodurre i loro schemi?

I bandi sono stati emanati il 27 dicembre, c'è tempo per un intervento correttivo. Speriamo in un segnale di attenzione e concretezza che troverebbe largo consenso e allineerebbe il nostro Paese alle buone pratiche internazionali.

Fabio Beltram è direttore della Scuola Normale Superiore di Pisa
Chiara Carrozza è direttore della Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa

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