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Questo articolo è stato pubblicato il 08 gennaio 2012 alle ore 14:58.

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Che la grave e attuale crisi sia di carattere economico e che quindi, con qualche buona ricetta, ora novella, ora ripetitiva (e di medici ce ne sono a bizzeffe), possa risolversi, è un postulato privo di fondamento. Il problema per l'Europa, se non vuole catastroficamente scomparire, è soprattutto politico.

Infatti, il capitalismo finanziario globale è riuscito a creare quello che Carl Schmitt aveva definito «lo Stato di eccezione», dove il diritto è sospeso, sicché, con l'aiuto delle teorie e delle pratiche della deregolamentazione, si abbandonano tutte le regole e si giustificano, per l'emergenza, pratiche anche non democratiche. Non è un caso che il presidente americano Obama prenda misure per evitare quel che egli stesso ha definito «terrorismo finanziario» di ignota identità, e che altri han rievocato come «la prossima Pearl Harbour». Ebbene, «lo Stato d'eccezione» corrisponde alla decadenza dello Stato di diritto, come emanatore di leggi giuste, ispirate al bene comune. Esso infatti è costretto, in un attanagliante paradosso, ad accettare una serie innumerevole di norme illegittimamente dettate da altri, che rendono, nella situazione attuale, più difficoltosa l'uscita dalla crisi e anzi l'aggravano, con derive recessive. È così che, invece di leggi giuste, siamo alluvionati da catastrofi normative sempre più complesse e di sempre più incerta e difficile interpretazione.

Ho appena detto che "l'emergenza" e "l'eccezione" hanno consegnato la sovranità ad altri, sprovvisti di qualsiasi legittimazione: come lo sono i mercati, quando controllati dalla speculazione dei grandi enti bancari, non soggetti o a volte addirittura favoriti, da regolamentazioni nazionali o internazionali di scarsa lungimiranza.
È tempo dunque che i governi europei finalmente capiscano che la globalizzazione ha creato uno Stato di eccezione, dove gli ordinamenti giuridici sono sospesi e le nuove regole vengono, come ha sperimentato l'Italia, imposte con peculiari missive della Bce, con l'avallo della Banca d'Italia. D'altra parte l'Europa intera è condizionata dalle imposizioni della Germania la quale, forte della sua struttura economica, pare avere scarso interesse ad appartenere ad uno Stato di diritto europeo.

Al cittadino europeo ignaro sarebbe allora opportuno spiegare in base a quale principio tutte le banche europee possono godere di una straordinaria liquidità triennale, fornita dalla Bce al tasso dell'1%, mentre i titoli di Stato italiano di lungo periodo devono garantire interessi al 7% e i mutui alle imprese o ai cittadini interessi ancora più alti. Si risponderà che questo è il mercato, estremamente opaco, se raffrontato con quello dei tassi americani, dove la Fed ha assicurato, per garantire la ripresa economica, che fino al 2014 i tassi saranno vicini allo 0%, e che comunque è pronta ad acquistare titoli del Tesoro americano. Finora, da nessun membro dell'Unione europea è venuta una seria proposta, ai fini di combattere la speculazione finanziaria e i suoi ignoti protagonisti, al di fuori della pre-occupazione del salvataggio delle banche.

Ma le norme internazionali non sono da meno, se da parte delle Convenzioni di Basilea e dell'Eba si determina ancora la necessità di imporre alle banche, con metodi sempre più complicati, aumenti di capitale basati sulle valutazioni delle agenzie di rating, ritenute responsabili della crisi e per questa ragione giustamente delegittimate ed escluse dal Dodd Frank Act americano. L'inquietante andamento di borsa, dopo l'aumento di capitale, di una delle maggiori banche italiane, come UniCredit ne è un esempio clamoroso, tanto da far doverosamente intervenire la Consob.

La soluzione contro lo "Stato di eccezione" e le sue parziali derive demo-cratiche, che anche attraverso politiche dettate illegittimamente da terzi, ma di fatto accettate, hanno aumentato disuguaglianze e iniquità sociali, passa ora attraverso una sola strada obbligata. Che la sovranità degli Stati membri dell'Unione europea, tanto inconsapevolmente quanto inconsciamente affidata ai mercati, o più correttamente, alla speculazione finanziaria selvaggia ed anonima, debba essere legittimamente ceduta all'Europa federale, finalmente dotata di una autentica Costituzione, è fuor di dubbio. La norma di base che legittimi tutte le altre normative, come la famosa "Grundnorm" teorizzata dal grande Hans Kelsen, manca ancora all'ordinamento europeo. Solo una Costituzione federale europea potrebbe fra l'altro disciplinare le attività della Banca centrale, finalmente prestatore di ultima istanza anche per gli Stati membri, rimanendo indipendente sì, ma non al servizio di politiche particolari.

A poco servirebbero accordi o compromessi non più solo a due, tra Francia e Germania, ma oggi anche con l'Italia, con ben altra credibilità, che servissero a confermare attraverso qualche rattoppo, ma nell'interesse solo di alcuni, lo Stato di eccezione dell'Unione europea. Questa può salvarsi unicamente diventando uno Stato di diritto, la cui priorità sia l'eliminazione a tutti i livelli delle diseguaglianze che una politica europea ed interna ottusa ha saputo creare.

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