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Questo articolo è stato pubblicato il 10 gennaio 2012 alle ore 08:03.
L'ultima modifica è del 10 gennaio 2012 alle ore 08:42.

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Luis Durnwalder, Durni per gli altoatesini, alla conferenza stampa che ogni anno tiene poco prima di ferragosto nella sua bella villa di Falzes, in Val Pusteria, aveva parlato chiaro: «Abbiamo un tasso di occupazione del 73% rispetto al 68% italiano, la disoccupazione è al 2,6% contro l'8,3%, la Provincia di Bolzano ha il Pil pro capite più alto d'Italia (34.400 euro) e un reddito disponibile di 21.500 euro contro i 17mila del resto del Paese».

Come dire: che volete di più? Gli altoatesini sono così ricchi che pure gli autonomisti puri e duri quasi si vergognano - a differenza di quanto facevano un tempo - di chiedere l'annessione all'Austria: «In nessun caso Vienna concederebbe all'Alto Adige le condizioni che abbiamo strappato al governo italiano», dice Roland Tinkhauser, un giovane consigliere del partito Die Freiheitlichen, formazione di destra che contribuisce a ingrossare le fila dell'opposizione, ormai composta da 15 consiglieri (contro i venti della maggioranza) e frammentata in nove partiti.

Gli altoatesini sono scientifici nella gestione dell'autonomia, ma mai come in queste settimane è palpabile la sensazione che un ciclo lungo quasi un quarto di secolo sia ormai al suo epilogo. Durni, omologo di Dellai, è il principe vescovo di questo reame di 510mila abitanti (2/3 di lingua tedesca e 1/3 italiani quasi esclusivamente concentrati a Bolzano) dal marzo del 1989. «Troppi poteri e troppi denari nelle mani di uno ristrettissimo numero di persone per troppo tempo», sintetizza Riccardo Dello Sbarba, leader dei Verdi e spina del fianco dei vertici provinciali sulla vicenda Sel, la società elettrica altoatesina al centro di uno scandalo che investe i vertici e l'assessore all'Energia Michl Laimer, sotto inchiesta a sua volta per concussione.

La storia è semplice: i manager della società, di nomina politica, alcuni dei quali compagni di caccia del presidente Durnwalder, attraverso società austriache intestate a prestanomi avrebbero acquistato delle centrali altoatesine che i proprietari avevano tentato inutilmente di cedere alla società pubblica provinciale. Intestandosi così le concessioni idroelettriche e i relativi guadagni. Concorrenza occulta alla società pubblica che presiedevano, insomma. Una macchia indelebile sulla buona e corretta amministrazione di cui i tirolesi del Sud hanno sempre menato vanto.

I guai, come spesso succede, non vengono mai soli. Scricchiola la leadership della Provincia e le crepe appaiono anche nel partito di raccolta degli altoatesini, la Südtiroler Volkspartei. Per la prima volta dopo parecchi decenni, all'interno della Svp si stanno coagulando nuove alleanze attorno a Michl Ebner, il potente editore del gruppo Athesia che tra l'altro edita il Dolomiten (l'unico quotidiano di lingua tedesca), in passato plurideputato per l'Svp a Roma e Bruxelles e nemico giurato di Durnwalder. Dalla rivalità tra i due esponenti della Svp sono scaturiti episodi singolari. Il giornale di Ebner ha giustamente criticato la costruzione del grande hotel delle Terme di Merano da parte della Provincia. Trenta milioni di investimenti pubblici (qui la Provincia fa anche l'albergatore e il vignaiolo), e poi la chiusura frettolosa a causa del fallimento della società che lo gestiva. La Provincia decide di venderlo ma alla prima asta non si presentano acquirenti. Tutto cambia dopo la modifica del piano urbanistico comunale da parte della Giunta provinciale, che d'imperio sottrae la materia al Comune di Merano. Le nuove regole prevedono che nell'area dove sorge l'hotel si possano aggiungere nuove cubature a quelle esistenti. D'incanto, qualche mese dopo, si materializza la cordata che poi risulterà vincente, guarda caso capeggiata da Michl Ebner.

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