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Questo articolo è stato pubblicato il 18 gennaio 2012 alle ore 08:02.
L'ultima modifica è del 18 gennaio 2012 alle ore 06:40.

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Hezbollah potrebbe restare il primo partito libanese anche senza l'Iran e la Siria: ha consenso popolare. Ma il movimento sciita si percepisce come un protagonista della regione, non del Libano, garantito da un arsenale missilistico che può minacciare Tel Aviv. Nello status quo precedente la Siria non avrebbe mai fatto una guerra a Israele: è sempre stato il più fidato dei suoi nemici arabi. Ma oggi quello di Damasco è un regime disperato. Senza alternative potrebbe essere tentato da una via d'uscita drammatica. Stessa necessità per Hezbollah: la crisi siriana minaccia le sue ambizioni.
Evocare il "nemico sionista" per fermare i cambiamenti è una tentazione remota ma reale. Nemmeno così nuova: per i regimi è sempre stata la via d'uscita per soprassedere ai loro limiti. Le Primavere hanno altri obiettivi: democrazia, libertà, prosperità. Ma le opinioni pubbliche arabe sono istintivamente ostili allo Stato ebraico e la Fratellanza islamica egiziana lo è per dichiarato programma politico. Per gli arabi liberati dalle loro Primavere, Israele è parte del vecchio ordine mediorientale, alleato fino all'ultimo dei vecchi despoti.

Come l'Occidente che aveva avallato le loro riforme economiche. Questo e la crisi finanziaria globale, dice ancora Ibrahim Saif, sta spingendo gli arabi "a una precipitosa ritirata dalle politiche del libero mercato". Privi di una visione alternativa, incapaci di fermare l'impoverimento dei loro cittadini, chi governerà - presumibilmente i Fratelli musulmani - potrebbe essere tentato dalla solita via d'uscita.
Come reagisce Israele al crescente isolamento? La risposta è militarmente efficace e politicamente nulla, come sempre. Alle Primavere, scrive il corrispondente diplomatico di Ha'aretz Barak Ravid, la reazione "ha preso la forma di un letargo invernale. Come un orso polare, Israele si è ritirato nella sua tana ad aspettare che passi la rabbia. Costruire barriere di sicurezza con Egitto e Giordania, aumentare le spese per la sicurezza, astenersi da qualsiasi gesto verso i palestinesi".

Ci sarà dunque una grande guerra mediorientale nel 2012? Uno di quegli autodafé, dal Golfo Persico alla Galilea, dal nucleare iraniano alla causa palestinese, dalla democrazia al fondamentalismo, il cui risultato di solito è una pace che apre la strada ad altri conflitti? Probabilmente no, le cose in Medio Oriente sono troppo complicate, le alleanze troppo variegate perché avvenga qualcosa di così semplice. Ma da Hormuz al Mediterraneo, il 2012 sarà un anno molto difficile.

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