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Questo articolo è stato pubblicato il 22 gennaio 2012 alle ore 14:50.
L'ultima modifica è del 22 gennaio 2012 alle ore 15:03.

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Mentre le principali città italiane erano bloccate dai tassisti in sciopero, con i farmacisti e i notai in agitazione, la lobby delle lobby ha consumato in silenzio il suo nuovo colpaccio. Sto parlando ovviamente di Mediobanca e del trasferimento del controllo del gruppo FonSai a Unipol. Il rapporto incestuoso tra Mediobanca e Fondiaria è antico.

Fu Cuccia che nel 1986 si adoperò per assicurare che il controllo di Fondiaria finisse nelle mani di Raul Gardini, le cui grosse doti imprenditoriali tutti oggi riconoscono. Spettò al suo successore, Vincenzo Maranghi, aiutare un altro imprenditore di cui tutti oggi riconoscono le doti, Salvatore Ligresti, ad impossessarsi di Fondiaria, sfilandone il controllo dalle mani delle banche che si erano ritrovate la partecipazione in portafoglio dopo l'insolvenza della Ferfin.

Oggi tocca a Pagliaro e Nagel emulare i loro predecessori, pilotando il controllo di FonSai nelle mani della Unipol. Non penso che sia solo per superstizione che il prezzo di Borsa della Unipol sta crollando. Il mercato riconosce a Mediobanca una particolare sfortuna nella scelta dei controllori altrui. Solo cinque anni fa FonSai capitalizzava cinque miliardi di euro, oggi in borsa ne vale solo 235 milioni.
Un maligno potrebbe pensare che si tratti di un'iniziativa ad arte volta ad impedire che una rete come quella di Fondiaria, che deve essere fatta di ferro per resistere ancora in piedi a più di un quarto di secolo di cattivo management, finisca nelle mani di un imprenditore capace. Per Mediobanca, che ha il 13,5% di Generali, sarebbe un duro colpo. Meglio un manager meno in gamba. Meglio se un'altra compagnia di assicurazioni.

Si consolida ulteriormente il mercato (a vantaggio di tutti i produttori incluse Generali) e si distrae un competitore che per i prossimi anni sarà impegnato a raccapezzarsi nella confusione lasciata dai Ligresti.
Io temo che la realtà sia meno machiavellica, ma, se possibile, peggiore. Queste scelte sono il frutto naturale di un metodo sbagliato. In passato l'ho definito capitalismo di relazione, ma ora ritengo che sia offensivo nei confronti del capitalismo, quello vero. Preferisco chiamarlo comunismo societario. D'altronde una delle differenze sostanziali tra capitalismo e comunismo è chi prende le decisioni. In un sistema capitalistico sono i proprietari a scegliere e a subire le conseguenze economiche delle proprie scelte sbagliate. In un regime comunista le scelte economiche vengono fatte secondo una logica di potere e le conseguenze economiche di queste scelte non ricadono su chi le fa, ma sulla collettività. Si nomina la persona di cui ci si fida, la persona che non mette a rischio la posizione di potere di chi lo nomina. Questa è la logica che ha sempre prevalso in Mediobanca.

Unipol viene scelta non perché è la migliore opzione per gli azionisti di FonSai o quelli di Mediobanca, ma perché è la meno pericolosa per il sistema di potere di cui Mediobanca è al centro. Unipol non viene scelta perché disposta a pagare di più gli azionisti, ma perché più disponibile a strapagare la famiglia Ligresti, dando a «ciascuno dei suoi componenti» (bimbi compresi?) un patto di non concorrenza della durata di cinque anni, in cui ognuno di loro riceve 700mila euro all'anno per «non avvalersi dei loro consolidati rapporti con la rete agenziale e la clientela del gruppo FonSai», come recita la lettera di intenti di Unipol. Data la performance dimostrata dalla famiglia Ligresti io avrei offerto quella cifra a qualsiasi concorrente che li volesse assumere.

Questo comunismo societario ha potuto trionfare in Italia perché non c'erano le regole sulla trasparenza, concorrenza, e rispetto dei diritti degli azionisti di minoranza di cui un mercato ha bisogno. E perché quando c'erano non sono state fatte rispettare. Fu colpa della Consob di Spaventa se Ligresti poté assumere il controllo di Fondiaria senza fare un'Opa (Offerta pubblica d'acquisto). Fu colpa della Consob di Cardia se nulla fu fatto contro le operazioni con parti controllate che hanno costellato la gestione Ligresti di Fonsai. E fu merito della Consob di Vegas se Groupama non acquistò Fonsai. Le fu imposta un'Opa a cascata sulle società del gruppo. Ci aspettiamo che una simile regola si applichi anche ad Unipol, altrimenti quella giusta decisione potrebbe essere letta come uno stratagemma protezionista.

Ben vengano le tanto attese (anche se troppo modeste) liberalizzazioni dei tassisti, dei farmacisti, e dei notai. Se l'Italia sta affondando, però, non è perché abbiamo due farmacie o tre taxi in meno. È perché i meccanismi di selezione della nostra classe dirigente sono distorti. Nel Far West privo di regole prevalevano i pistoleri più veloci, non i manager più capaci. Nell'Italia senza regole prevalgono i Gardini, i Ligresti, i... È l'incapacità di manager come questi a competere sui mercati internazionali che sta facendo affondare il nostro Paese. È ora che Consob, Agcom, e governo agiscano. Altrimenti hanno ragione i tassisti.

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