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Questo articolo è stato pubblicato il 16 febbraio 2012 alle ore 08:19.
L'ultima modifica è del 16 febbraio 2012 alle ore 06:41.

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Il miglioramento delle condizioni dei mercati nella zona euro a gennaio può essere attribuito a diversi fattori, tra cui i progressi realizzati dal premier Mario Monti in Italia e alcuni segnali costruttivi, anche se ambigui, da parte di Berlino.

Questo miglioramento lascia pensare anche che molte delle cattive notizie erano già state scontate a dicembre, inclusa la possibilità di un "evento di credito" legato al debito greco, che innescherebbe un pagamento dei Cds, come ormai sembra probabile. Ma i problemi di fondo sull'euro restano irrisolti. Perfino la misura che più ha contribuito a rasserenare gli investitori (le operazioni di rifinanziamento a lungo termine della Bce, che offrono alle banche liquidità a prezzi stracciati per tre anni) crea rischi: la Bce non ha preso a cuor leggero la decisione di aprire questa linea di credito. Ci sono realtà rimaste immutate, anzi sono ancora più ineludibili di prima.

La prima è che il nocciolo della crisi sta nel declassamento dei titoli di Stato emessi dai Paesi dell'euro. La presenza di attività "a rischio zero" come i titoli di Stato è il fondamento su cui si regge un sistema finanziario complesso. Ma ora che i bond dei Paesi dell'Eurozona sono associati a un rischio di non rimborso (o rischio di credito), questo fondamento diventa più traballante e la marea montante della sfiducia inghiotte un Paese dopo l'altro e un segmento di mercato dopo l'altro. Per come stanno le cose attualmente, perfino la Germania non potrà evitare ancora a lungo un declassamento del suo credito. L'unione monetaria diventerà quindi sempre più instabile, a meno di non creare un reference asset che abbracci tutta l'Eurozona, sostenuto o da una garanzia solidale dei Stati membri (le varie ipotesi di eurobond) o da una capacità tributaria centrale, come succede in quasi tutte le unioni di bilancio esistenti. La creazione del Meccanismo europeo di stabilità è solo un primo passo in questa direzione.

La seconda è che il rischio di credito sul debito sovrano crea problemi, per i singoli sistemi bancari, che non possono essere affrontati con gli stessi strumenti utilizzati per le crisi bancarie. Ecco perché il piano di ricapitalizzazione degli istituti di credito varato alla fine di ottobre dell'anno scorso, che valutava le esigenze di capitale di ogni banca sulla base della volatilità dei rendimenti dei titoli di Stato, è destinato all'insuccesso. La triste conseguenza è che la fragilità del sistema bancario europeo non potrà essere risolta finché non saranno fissate le regole di bilancio per l'Eurozona. In assenza di una risoluzione di questo tipo, la Bce è giustificata nel fornire supporto indiscriminato alla liquidità, anche se questo significa prolungare l'esistenza di "banche zombie" e la corrispondente errata allocazione del credito.

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