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Questo articolo è stato pubblicato il 26 febbraio 2012 alle ore 14:41.

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La sacrosanta rabbia popolare contro i costi della politica ha finora risparmiato le fondazioni di origine bancaria. Per la maggior parte dei cittadini, le fondazioni sono enti benefici che sovvenzionano iniziative utili, non un esempio dello sperpero dei nostri politici. Qui sta la perversa genialita' di questa istituzione: dopo aver sottratto soldi ai cittadini (i legittimi proprietari delle vecchie casse di risparmio pubbliche), le fondazioni ora si presentano come i loro benefattori. Ma oltre che l'inganno, c'è la beffa. Anche quando distribuiscono in modo efficiente ed equanime i soldi sottratti ai contribuenti, le fondazioni danneggiano la societa' civile.

Innanzitutto distruggono valore con una gestione clientelare ed inefficiente. I principi della buona gestione vogliono che un patrimonio sia ben diversificato. Così indica anche la legge. Ma per questioni di potere le fondazioni hanno concentrato il loro patrimonio nelle banche locali. Questa gestione ha portato alla perdita di più di 4 miliardi di euro nella sola fondazione Montepaschi, minacciandone la sopravvivenza. E nessuno ne viene considerato responsabile. Ma un responsabile c'è: i ministri del Tesoro che si sono susseguiti in questi anni; a loro spetta per legge la responsabilità di vigilare sulle fondazioni.

Il secondo danno è sull' efficienza del sistema bancario, di cui riducono la contendibilità e l'accountability del management. Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Furono le fondazioni a licenziare Alessandro Profumo di Unicredit in un vero e proprio colpo di mano cui si oppose solo la rappresentante dei fondi.

Furono le fondazioni, a loro volta nominate dai politici locali, a decidere il nuovo amministratore delegato di Banca Intesa. E' il consiglio della fondazione Monte Paschi (nominato dal sindaco di Siena, dalla Provincia, dall'Università, dalla Curia e dalla Regione) che ha scelto l'amministratore delegato di Monte Paschi. Ed è direttamente al sindaco di Siena (un politico di professione da sempre) che i giornali hanno chiesto recentemente se un certo fondo di private equity fosse l'acquirente "adatto" per il 15% di Monte Paschi venduto dalla Fondazione.

Purtroppo gli effetti deleteri delle fondazioni sulle banche sono forse il male minore. Esse sono una causa fondamentale di quell'intreccio perverso fra economia e politica, di quella cultura dell' incompetenza e del clientelsimo, che imperversano nel nostro paese. Con un patrimonio complessivo di quasi 50 miliardi di euro, e quote sostanziali in quasi tutte le maggiori banche, le fondazioni bancarie sono una fonte inesauribile di potere per i politici in carica, e il refugium peccatorum di ex politici bocciati dagli elettori, di professionisti e notabili locali, e di amici degli amici. I loro consigli sono designati in gran parte dalle maggioranze del momento di comuni, provincie, e regioni, e in parte dalla cosiddetta "società civile", cioè da camere di commercio, università, e persino vescovi; molti vengono addirittura cooptati dal consiglio in carica. Nessuno deve rendere conto a nessuno, eccetto che ai politici se si vuole essere rinnovati.

Le fondazioni sono tanto più pericolose perché sono pervase di buone intenzioni e ammantate di una patina di rispettabilità. Nell'immaginario collettivo esse finanziano progetti meritori nel campo della cultura e del volontariato, e beneficiano la società civile. Ma il prezzo da pagare è altissimo, una rete fittissima di clientelismo a monte e a valle delle fondazioni, per ingraziarsi il potere politico, acquisire consenso, e distribuire prebende. E così da anni la Compagnia San Paolo di Torino, azionista di maggioranza relativa di Intesa Sanpaolo, è il teatro di una battaglia di tutti contro tutti in cui sindaci, ex sindaci, presidenti di provincie, di regione, di banche, di fondazioni, docenti universitari, e intere correnti di partito si lanciano accuse e messaggi in codice che ormai solo un esegeta può decifrare.

Il governo Monti ha già dimostrato di non guardare in faccia a nessuno nel suo tentativo di modernizzare l'Italia. Con le fondazioni ha l' opportunità di dare un altro segnale importante, per togliere l'humus di cui si alimenta il sottobosco della politica e del clientelismo. Siamo consapevoli che non sarà facile, soprattutto perché le fondazioni sono state preveggenti, e in un pasticcio legislativo hanno strappato nel 1992 lo status di enti di diritto privato, benché i loro patrimoni appartengano alla collettività. Le fondazioni hanno anche amici e protettori molto potenti nel mondo politico e finanziario. Ma vale la pena di tentare: anche se dovesse perdere la battaglia, il governo Monti ne guadagnerebbe ulteriormente in popolarità e autorevolezza.

roberto.perotti@unibocconi.it

luigi.zingales@chicagobooth.edu

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