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Questo articolo è stato pubblicato il 10 marzo 2012 alle ore 08:10.

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Supera il miliardo il valore assegnato per la tutela dei beni artistici e delle attività culturali nel bilancio di previsione 2012 su un totale di 1,6 miliardi di euro. È la voce della conservazione e del restauro, i soldi per recuperare il nostro patrimonio archeologico e artistico, a occupare i pensieri e le attività del Ministro per i Beni e le Attività culturali, visto che solo il 10% di quel miliardo assegnato è destinato, invece, a programmi specifici di valorizzazione. Ma è la tutela che non riesce ancora a sfruttare tutte le risorse economiche a disposizione, visto che a fine gennaio le risorse ancora in portafoglio ammontavano a 503 milioni di euro, in pratica il 96,3% delle entrate non sono state assegnate alle direzioni regionali, soprintendenze, poli archeologici e artistici, archivi e biblioteche. Un bel passo in avanti rispetto al saldo di cassa del 1999 di 692 milioni, ma non ancora abbastanza per travasare sul territorio - attraverso i funzionari delegati - e alle imprese, all'occupazione e alla valorizzazione del patrimonio culturale i fondi previsti. Certo le disponibilità non spese anno dopo anno si sono assottigliate registrando una migliore capacità di spesa dei soldi pubblici. Ma non abbastanza, tant'è che il ministro Lorenzo Ornaghi intende ridurre le giacenze a 300 milioni di euro e ha disposto «un piano di azione volto ad accelerare le procedure di spesa» per spenderne 200. Di certo, circa il 60% delle giacenze si trova nelle Soprintendenze architettoniche e paesaggistiche. Le regioni che a fine gennaio avevano più soldi nel cassetto sono quelle con il patrimonio più ampio: Lazio con 106,5 milioni da spendere, Toscana con 51,9 e Campania con 40,4 milioni seguite da Emilia Romagna (35) e Piemonte (34).

I soldi ancora da impiegare si riferiscono essenzialmente a lavori di restauro, mentre le spese per il funzionamento e quelle per l'acquisto di beni e servizi si effettuano, nella stragrande maggioranza dei casi, entro l'anno finanziario e quindi nella contabilità corrente. «I fattori che determinano le giacenze – spiegano dal MiBac – sono essenzialmente la complessità e lunghezza dei tempi nelle procedure di affidamento, la specificità degli interventi sul patrimonio culturale che si prolungavano ben oltre l'esercizio finanziario». Comunque è fisiologico disporre di una cassa pari almeno a quella necessaria alla gestione degli investimenti (229,1 milioni), fanno eco dal ministero. Per un restauro c'è bisogno di liquidità corrente, mentre le spese per i 19.598 dipendenti - 782 milioni, di cui 8mila per la vigilanza - rientrano nella contabilità ordinaria.

Come ridurre la cassa da 503 a 300 milioni? Verranno rafforzate la qualità progettuale degli istituti e costituito un parco progetti,dichiarano dal MiBac, verrà migliorata la qualità amministrativa delle stazioni appaltanti, supportate da un centro di servizi amministrativo-giuridico e, infine, verrà presidiato il monitoraggio sull'andamento dei cantieri in tutte le strutture territoriali.

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