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Questo articolo è stato pubblicato il 12 marzo 2012 alle ore 08:36.
L'ultima modifica è del 12 marzo 2012 alle ore 09:15.

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Il cervellone della Polizia potrà interrogare la banca dati dell'Inps per verificare la posizione di persone indiziate di particolari reati, così da scoprire se hanno una pensione o beneficiano di un assegno di invalidità o hanno aperte posizioni assicurative. Il tutto, per quanto rientri nella lotta alla criminalità e nel monitoraggio del tenore di vita e delle disponibilità finanziarie di soggetti sotto controllo, presuppone l'ennesimo incrocio di super-archivi, contenenti milioni di dati, a cui il Garante della privacy ha dato il via libera con un recente parere.

Così come ha da poco detto "sì" al Comune di Verona, che ha chiesto di poter utilizzare il sistema Rfid (radio frequency identification) per tenere sotto osservazione l'orario di ingresso e di uscita dei veicoli adibiti al trasporto merci che varcano la zona a traffico limitato.

Si tratta di due tra gli ultimi interventi dell'Autorità della riservatezza che mettono in luce la fatica delle regole della privacy di inseguire continuamente le nuove tecnologie. Da una parte, non si può negare alle amministrazioni l'uso di strumenti più penetranti contro la grande criminalità così come nel contrasto di irregolarità quali possono nascere dall'abuso del permesso Ztl; dall'altra, bisogna evitare un utilizzo distorto e pericoloso di quegli strumenti. Questione che si riproporrà con la lotta all'evasione e la possibilità accordata dal legislatore all'Anagrafe tributaria di tracciare, in via preventiva, gran parte dei movimenti fiscali e finanziari dei cittadini. Problema che il Garante dovrà affrontare non appena l'agenzia delle Entrate gli sottoporrà il provvedimento con le nuove modalità di funzionamento del sistema Serpico, il database deputato a setacciare i contribuenti (si veda anche l'intervista sotto).

Ma è soprattutto sul web che la tensione fra privacy e tutela dei diritti raggiunge l'apice. La rete costringe la tutela dei dati personali ad avanzare con il fiatone, mostrando tutta l'inadeguatezza di regole che rischiano di diventare vecchie non appena nate. Come potrebbe essere per il regolamento europeo che ha di recente mosso i primi passi e dovrà diventare, tra qualche anno, il punto di riferimento della protezione della privacy nei Paesi membri. Lì, per esempio, si cerca di mettere un argine al fenomeno dei cookies, di garantire il diritto all'oblio nei confronti di informazioni obsolete, di regolamentare la vita sui social network. Ma la tecnologia viaggia a velocità doppia, se non tripla, e rende sempre più complesso affrontare problematiche che aspettano da tempo una risposta. Come il diritto d'autore di chi sta sulla rete.

È con la consapevolezza di un difficile equilibrio ancora da trovare – che, tra l'altro, chiede regole sempre più internazionali – che il Garante della privacy affronta il bilancio degli ultimi sette anni. Bilancio che verrà presentato domani (ore 11 presso la sala del Senato di piazza della Minerva 38) e che chiude il mandato dell'attuale collegio, il cui incarico scade il 18 aprile. Il quadro del settennato comprende anche il 2011 e, dunque, funge pure da relazione che il Garante espone ogni anno al Parlamento sull'attività svolta.

A guardare i numeri, si può riscontrare una crescita, seppure altalenante, delle segnalazioni all'Authority, accompagnata da un aumento (ma non lineare) delle ispezioni e delle sanzioni amministrative comminate dall'Autorità, che ha determinato una crescita dei proventi riscossi. Questi ultimi ammontavano a 814mila di euro nel 2007, mentre l'anno scorso sono diventati 3 milioni.

Diversi i settori di intervento: dalla sanità alla videosorveglianza, dal rispetto della privacy nei luoghi di lavoro al telemarketing, dalla messa in sicurezza delle grandi banche dati pubbliche (Anagrafe tributaria, Ris dei Carabinieri) alle cautele imposte a Google street view nella "mappatura" delle città. Per chi raccoglierà il testimone, però, il lavoro da fare non mancherà.

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