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Questo articolo è stato pubblicato il 18 marzo 2012 alle ore 13:51.
L'ultima modifica è del 18 marzo 2012 alle ore 13:57.
Abbiamo più volte sottolineato che il vero problema di grave e difficile soluzione a seguito della devastante crisi è politico ancor prima che economico. Ed è problema non solo italiano, ma senza dubbio europeo e si sta rivelando in modo drammatico anche negli Stati Uniti d'America.
In questi ultimi decenni, gli Stati democratici occidentali hanno visto i principi delle loro democrazie soffocati, direttamente o indirettamente, dalla sempre maggior crescita di un nuovo Leviatano: lo Stato amministrativo. E non è forse questa una delle ragioni principali del distacco dei cittadini dalla politica?
Lo stesso potere legislativo è stato delegato, in determinati settori per lo più anche estremamente rilevanti per la ricerca del bene comune, alle Autorità pubbliche indipendenti, la cui legittimazione democratica nello svolgimento della loro attività rimane largamente irrisolta.
È così che, accanto alla normativa primaria delle leggi votate dai parlamenti regolarmente eletti, si è andata affiancando una normativa secondaria di regolamentazione dettata da burocrati non eletti, ma posti a controllo del sistema bancario, delle assicurazioni, delle public utilities, della finanza, dell'industria, della salute ed ora persino della legalità, insomma, alle molte risposte che i governi eletti dai cittadini dovrebbero dare alle forze e alle necessità che vengono continuamente poste dalle moderne società globalizzate.
Negli Stati Uniti d'America, dove il problema è oggi in grande discussione, una legittimazione democratica alla regolamentazione delle agenzie indipendenti è stata individuata nella delega che esse ricevono e dalla conseguente responsabilità che hanno nei confronti del Presidente degli Stati Uniti. Nelle loro funzioni esse diventano mandatari, cioè agenti della più alta istituzione dello Stato democraticamente eletta.
Le autorità indipendenti, quale surrogato di corpi legislativi e con grande responsabilità nei confronti di un pubblico vastissimo sovente non rappresentato nella normale quotidiana dialettica politica, producono tuttavia inefficienza e rimangono inchiodate a una situazione di scarsa o comunque diffusa non democraticità. A questa si aggiunge spesso l'opacità delle loro decisioni, non sempre sufficientemente comunicate con trasparenza al pubblico, e che lasciano sovente l'interesse comune confuso o sopraffatto dall'interesse di coloro che, vigilati, trovano nelle autorità indipendenti un luogoper agire in competizione con i gruppi concorrenti, piuttosto che uno strumento per perseguire l'nteresse pubblico.
Il problema di un moderno Stato amministrativo si è presentato in modo impellente di recente a seguito del collasso finanziario del 2008 con la creazione del nuovo Consumer Financial Protection Bureaux (Cfpb), a proposito del quale si continua a sottolineare il timore che cada vittima o prigioniero dell'interesse di gruppi che dovrebbe vigilare. Ma la situazione dell'Europa è ancor più grave. L'intero sistema fa pensare a un enorme Leviatano amministrativo, con scarsa e spesso nulla legittimazione democratica. Se è vero, come sembra difficile da contestare, il titolo di un articolo dell'ultimo numero dell'Economist sul Parlamento Europeo: Elected, but how democratic? (Eletto, ma quanto democratico?)
E Parlamento a parte, tutti i centri politici decisionali europei sono affidati a tecnocrati non eletti, dalla Commissione Europea, al Consiglio dei Ministri, alla Banca Centrale Europea, al Consiglio d'Europa, oramai tutti responsabili della politica economica, sociale, ed estera degli Stati dell'Unione, ma tutti ahimè caratterizzati da un inquietante deficit democratico.
Quel che rende il problema decisamente grave, e di non secondaria importanza rispetto a quello meramente economico per la soluzione della crisi, è che nei paesi dell'Unione si sta verificando, attraverso i più deputati organismi istituzionali interni, una sorta di incredibile convergenza di tutti gli Stati dell'Unione Europea verso un deficit di democrazia, con espresse deleghe a tutti i livelli del perseguimento dell'interesse pubblico ad Agenzie, giustamente indipendenti dalla politica, ma che tendono a privilegiare soprattutto lo Stato amministrativo rispetto allo Stato democratico.
E questo avviene anche nel nostro Paese, dove l'aumento delle Autorità indipendenti ha sottratto e sottrarrà sempre di più al potere legislativo ogni tipo di decisione che riguardi l'interesse pubblico. È pur vero che quando i cittadini sono all'oscuro dell'attività e della competenza di coloro che decidono del loro presente e del loro futuro, come spesso hanno deciso del loro passato, il nuovo problema politico da affrontare con priorità è da quale tipo di democrazia i cittadini europei vogliono essere diretti.
È dunque tempo di aprire la discussione, al di fuori del lessico inconcludente dello Stato amministrativo che vuol tutto cambiare senza che nulla cambi, su quali debbano essere le nuove istituzioni delle democrazie europee, nate dall'Illuminismo, ma tradite dal capitalismo finanziario.
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