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Questo articolo è stato pubblicato il 30 marzo 2012 alle ore 08:04.
L'ultima modifica è del 30 marzo 2012 alle ore 08:43.

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A gennaio dello scorso anno il Paul Getty Museum per poter fare successive acquisizioni, vendette a New York da Sotheby's la tela di Lorenzo Lotto Portrait Of A Jeweler, Probably Giovanni Pietro Crivelli; a maggio il Detroit Institute of Arts battè in asta a Milano una tela di Renato Birolli e a giugno a Londra il Leopold Museum, ente privato, ha ceduto all'asta il Vienna Houses With Laundry (Suburb II) di Egon Schiele.

Tutti naturalmente aggiudicati con successo arricchendo le casse dei musei. Altri Paesi, altri diritti e altri mercati, dove si possono alienare opere del patrimonio pubblico (il cosiddetto deaccessioning) rispettando i vincoli sui ricavi; come fanno i musei inglesi o americani obbligati a reinvestire nella collezione.

Niente paura in Italia non si può fare: i musei pubblici non possono alienare il patrimonio culturale. Certo l'Italia è un'isola se guardiamo il sistema internazionale dell'arte: per i beni con oltre cinquant'anni ci sono barriere in uscita con la notifica e attestato di libera circolazione nella Ue o licenza di esportazione, e collezioni "permanenti" nei musei. Nel nostro Paese resta poco spazio per la nuova produzione contemporanea. Ma si dirà, ne abbiamo talmente tanta che non c'è bisogno di produrre o comprarne di nuova.

Sì certo talmente tante opere che non riusciamo neanche a vederle, anzi non riusciamo a sapere che cosa c'è nei depositi tra reperti archeologici e beni storico-artistici. Un paradosso? Per nulla. «Arte invisibile e inaccessibile», titolano gli studiosi Maurizio Carmignani, Filippo Cavazzoni e Nina Però l'analisi dell'Istituto Bruno Leoni: gli esperti sono andati a spulciare i rapporti dell'Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione (Iccd) che per mestiere cataloga i beni culturali: «Nel rapporto 2009 Iccd si parla del censimento musei statali. Ad oggi sappiamo che esistono 6 milioni di beni catalogati, ma nulla si sa della loro consistenza economica», spiega Cavazzoni. La catalogazione come opera di valorizzazione è materia concorrente fra Stato e Regioni e nove sono al lavoro sul proprio territorio: tre (Piemonte, Emilia Romagna e Puglia) hanno concluso la catalogazione con 1,2 milioni di schede.

Fare chiarezza sui depositi dei musei è difficile: un patrimonio artistico invisibile che giace nei depositi dei musei italiani difficile da fruire e, talvolta, oggetto di furti. Migliaia di opere nei magazzini non sono certo di aiuto per la cultura.

Naturalmente ci sono i distinguo e molti deposti sono visitabili dagli studiosi, di recente sono nati gli open stage: «Ci sono magazzini accessibili al pubblico come il Museum Collections Centre del Birmingham Museum and the Art Gallery, dove si può ammirare oltre l'80% delle opere della collezione», aggiunge Carmignani.

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