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Questo articolo è stato pubblicato il 27 aprile 2012 alle ore 07:55.
L'ultima modifica è del 27 aprile 2012 alle ore 08:42.

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Alcune priorità appaiono evidenti e relativamente semplici da attuare, come integrare i business team con figure capaci di valutare il rischio. Altre invece richiedono un'attenta focalizzazione sul piano dell'identificazione e della "reingegnerizzazione" di specifiche figure professionali e degli assetti organizzativi e di processo.

Per definire strategie sempre più consapevoli sotto il profilo della rischiosità implicita ("risk based strategy"), per esempio, è necessaria una contaminazione culturale tra la struttura del Cro (Chief risk officier) e la pianificazione strategica da attuarsi tramite opportuni inserimenti di figure professionali con skill "incrociati" nelle rispettive strutture, oltre che tramite adeguati processi organizzativi che favoriscano l'interazione.

Altrettanto rilevante appare integrare le professionalità del risk manager con le competenze provenienti dalle linee di business, in modo da favorire l'ottimizzazione dei "vincoli" a seconda delle necessità operative. In tale contesto - anche alla luce della riconversione da attività/asset finanziari ad attività/asset creditizi - è auspicabile il ribilanciamento degli skill di area Cro con i profili prevalentemente tecnici e risorse a maggior esperienza del tessuto economico e produttivo.

Se partiamo da questi presupposti, è evidente che la specializzazione del retail banking verso una crescita organica della domanda domestica rappresenta una sfida per le banche, come Intesa Sanpaolo. Per vincerla, sarà necessario disporre di figure professionali qualificate, con forte esperienza nel settore manifatturiero, in grado di conoscere la realtà delle imprese a livello locale e assicurare così, attraverso la crescita delle aziende, la crescita stessa del mercato domestico. Il financial officer di una società manifatturiera sarebbe un profilo ideale, perché potrebbe indirizzare il retail banking grazie all'esperienza acquisita in azienda e nel settore.

Lo stesso vale per il corporate banking laddove - ad esempio nel caso di Unicredit - il consolidarsi delle attività richiede figure professionali pronte a operare per il consolidamento delle attività economiche. Negli ultimi anni, tutti i principali istituti bancari hanno intrapreso processi di ristrutturazione: hanno ridotto i costi, concentrato le risorse sui settori a maggior crescita, in modo da aumentare la profittabilità totale e diminuire i rischi legati a ogni singola attività di business. Proprio quest'ultima scelta, ridurre i rischi legati al portafoglio interventi, è elemento vincente e va sostenuta con determinazione. Il successo dipenderà molto dalla qualità e dall'esperienza del personale specializzato che dovrà conoscere l'evoluzione del settore in cui operano le aziende, sostenerle nel loro processo di internazionalizzazione, anche produttiva, e individuare e offrire soluzioni adeguate sia peri finanziamenti a medio e lungo termine, che per la finanza strutturata.

La crisi impone di ricercare nuovi modelli organizzativi e societari che consentano di restare sul mercato e il tessuto produttivo italiano, composto principalmente da piccole e medie imprese, ha più che mai bisogno di crescere. Le reti d'impresa si configurano come scelta fondamentale perché permettono alle aziende di ogni dimensione, settore e territorio di mettersi insieme, pur rimanendo autonome. E il successo è nei numeri: a oggi in Italia sono stati firmati 310 contratti di rete che coinvolgono oltre 1.600 imprenditori in 11 Regioni e 51 Province.

Le banche che hanno una radicata presenza sul territorio dovranno saper cogliere anche queste nuove opportunità e assistere le imprese per migliorarne la leva finanziaria e ideare soluzioni idonee per supportarle nella crescita. I candidati ideali dovranno avere, oltre a competenze tecniche, anche esperienze specifiche nei diversi settori per avere maggiore comprensione dei reali bisogni delle imprese con cui si interfacciano. Sarebbe interessante poter istituire una formazione strutturata e mirata alla riqualificazione delle persone in uscita dalle aziende, in modo da facilitare l'interscambio culturale e di knowhow. L'attenzione sempre maggiore con cui le banche guardano allo stato economico/patrimoniale delle aziende in fase di affidamento, nonché la maggiore complessità dei sistemi utilizzati per le relative valutazioni, suggerirebbe di inserire nel tessuto aziendale figure professionali con esperienza delle technicalities che le banche utilizzano per valutare le posizioni creditizie, al fine di migliorare il dialogo banca-impresa, agevolando l'accesso al credito.

L'inserimento di tali figure potrebbe altresì creare valore in contesti - come i Confidi - finalizzati a favorire lo sviluppo delle attività economiche e produttive, tramite finanziamenti sempre più indirizzati a sostegno degli artigiani e delle Pmi, anche attraverso la garanzia del credito. Sarebbero utili, inoltre, team inter-funzionali per aiutare l'evoluzione dei processi organizzativi, rendendoli più efficaci. L'attuale situazione finanziaria italiana con le banche meno esposte alla finanza pura e più vicine al tessuto economico, suggerisce l'apertura a nuove professionalità, come strategia vincente per il rilancio economico, perché la priorità, per tutti, è una e una sola: crescere.

Marcella Accorinti è Partner Executive Search
Odgers Berndtson

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