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Questo articolo è stato pubblicato il 06 maggio 2012 alle ore 08:42.
L'ultima modifica è del 06 maggio 2012 alle ore 13:54.

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Fino alla sera di domenica sembrava che i dati dell'affluenza fossero, sì, in calo, ma tutto sommato in termini contenuti. Alle 22 invece il dato descriveva una realtà meno confortante: quasi il 6 per cento in meno. Segno che l'affluenza ha seguito un percorso strano rispetto alle abitudini degli italiani: è venuta meno proprio con le ore serali, quelle che di solito permettono un certo recupero delle percentuali.

Tuttavia, nonostante questo arretramento, l'analisi nel complesso regge: in queste amministrative si è votato di meno, ma non c'è stata la fuga dalle urne che si poteva paventare. Per cui oggi alle 15, alla chiusura dei seggi, potremmo trovarci a commentare una diminuzione dei votanti compresa fra i quattro e i sette punti rispetto alla precedente elezione. Forse una cifra più contenuta rispetto alle preoccupazioni della vigilia. Nessun collasso e un dato finale – secondo questa proiezione – che potrebbe collocarsi poco sotto al 70 per cento dei votanti o addirittura immediatamente sopra quella soglia.


In altri termini, gli italiani vanno ancora alle urne in numero consistente quando si tratta di eleggere gli amministratori locali, comuni e province. Meno di un tempo, sempre meno: ma molto di più di quanto sarebbe presumibile se il voto di oggi non fosse amministrativo, bensì politico. Non bisogna infatti confondere i piani: un conto è il voto nelle città, soprattutto nei comuni capoluogo; e un altro è il voto per il Parlamento nazionale. Spesso si fa un po' di confusione fra i due momenti. La fatidica "anti-politica", la disaffezione e il disinteresse riguardano soprattutto i partiti nazionali, i loro rappresentanti e le istituzioni centrali. I sindaci e gli amministratori locali appartengono a un'altra sfera, nel bene o nel male: i cittadini li sentono più vicini, espressione di una politica "a misura d'uomo" soprattutto in questi tempi difficili.


Sono semplificazioni, s'intende. Ma contengono un pezzo di verità. È chiaro che se l'affluenza cala, come sta calando, nei comuni, questo è indice di un malessere e di un disagio diffuso nell'opinione pubblica. Ma se l'affluenza è faticosa nei comuni e nelle province, immaginiamo quali brutte sorprese possono arrivare fra qualche mese, quando si andrà alle urne per eleggere il Parlamento. È una ragione in più perchè i vecchi partiti si mettano al lavoro in vista di riguadagnare il tempo perduto, anziché attendere sulla riva del fiume che le cose facciano il loro corso. Magari avviando bizzarre crociate contro l'"anti-politica" (Grillo e affini) che si alimenta sempre, in periodi di recessione economica e angoscia diffusa, con gli errori e le miopie di una classe politica incapace di rinnovarsi.


Sappiamo che stasera, quando si saranno contati i voti, ci saranno vincitori e sconfitti. Ma gli uni e gli altri, in particolare i primi, non potranno dimenticare che il voto amministrativo è disomogeneo e non sempre facilmente confrontabile. Aree diverse, liste differenti anche nei simboli, senza dubbio candidati non assimilabili gli uni agli altri. Mai come stavolta la politica locale è lontana dalla politica nazionale. E mai come stavolta i grandi partiti avranno il dovere di ascoltare il messaggio delle urne. Per via dell'"anti-politica" e dei grillini, sicuramente. Ma ancor di più perchè un'astensione in crescita nelle città, sia pure in forme più contenute del previsto, rischia di trasformarsi in una catastrofe o in un'alluvione nel 2013. La lezione del 6 e 7 maggio dovrà spingere a riprendere da subito, già da questa settimana, il cammino tortuoso e fin qui deludente delle riforme sempre promesse e raramente attuate.

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