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Questo articolo è stato pubblicato il 10 giugno 2012 alle ore 14:30.
L'ultima modifica è del 10 giugno 2012 alle ore 16:38.

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Servono norme e target europei che consentano a industria e investitori scelte in un quadro di riferimento stabile che non ostacoli le potenzialità di questi settori; e un migliore e più equo accesso ai mercati internazionali. Ma anche più investimenti in una ricerca vicina all'industria; infrastrutture materiali e immateriali strategiche in una dimensione europea; educazione e formazione mirata alla nuova domanda di lavoro.

Le proposte della Commissione per il nuovo bilancio Ue riflette in parte queste priorità, con Orizzonte 2020 che prevede 80 miliardi per ricerca e innovazione industriale, con più fondi per l'accesso al credito e ai capitali di rischio di imprese innovative, 50 miliardi per le infrastrutture di rete, di cui 10 per Project bond e fondi regionali mirati su efficienza delle risorse, innovazione e Pmi.

Aumentare questi investimenti non deve considerarsi un aggravio del debito, in quanto sono essenziali per generare ricchezza e competitività; e dunque, con un ritorno che contribuisce a risanare i bilanci. Penso, ad esempio, a un piano per l'edilizia più sostenibile e sicura, a una nuova cantieristica, più in generale, alla riconversione di parte dell'industria a maggiore efficienza nelle risorse.

Migliore accesso al credito
Ogni settimana chiudono migliaia di aziende. Questo anche perché 1/3 delle Pmi non riesce ad avere il credito richiesto, con l'ultimo rapporto di Bce e Commissione che indica una tendenza ad ulteriore peggioramento. Senza accesso ai capitali le imprese non possono investire in qualità, innovazione e risorse umane. Rischiano di chiudere anche attività fondamentalmente sane. La Commissione sta attuando la strategia presentata a dicembre per più fondi Ue in garanzia per facilitare il credito, maggiore ruolo della Bei, un mercato integrato dei capitali di rischio, Basilea III adattata alle Pmi.

L'azione di Draghi per dare liquidità alle banche non ha ancora portato i dividendi sperati per Pmi ed economia reale. E la crisi dei debiti sovrani ha creato una situazione insostenibile di disparità. Da un lato Paesi e banche con titoli di Stato svalutati e tassi d'interesse altissimi e, relativo deterioramento delle condizioni del credito alle imprese; dall'altro Stati che, sempre all'interno dello stesso mercato e della stessa moneta, vedono un crescente afflusso di capitali, con costi di finanziamento irrisori anche per il sistema produttivo. Non usciremo dalla crisi senza risolvere questa disparità con strumenti comunitari per garantire i deposti bancari e consentire a tutti gli Stati di pagare interessi ragionevoli mettendo a freno la speculazione.

In un momento cosi difficile in cui lo Stato, giustamente, chiede a cittadini e imprese sacrifici e fedeltà fiscale, ritengo un dovere morale, prima ancora che giuridico, che le Pubbliche Amministrazioni paghino tempestivamente i debiti alle imprese. L'attuazione immediata della direttiva sui ritardi di pagamento,senza attendere il marzo 2013, libererebbe 180 miliardi di debiti pubblici verso le imprese. Si potrebbero evitare migliaia di fallimenti e perdite di posti e, alla fine, gli stessi conti pubblici ne beneficerebbero.

Una PA alleata
Solo rilanciando spirito imprenditoriale, capacità di creare e fare imprese, potremmo tornare a crescere. Sono gli stessi imprenditori, per loro natura, a tendere all'innovazione, appassionati da idee che vogliono realizzare. Bisogna assecondare questa forza, togliendo ostacoli, aprendo prospettive certe e, qualora serva, anche con stimoli pubblici. Tra i maggiori freni alla crescita i costi e i ritardi amministrativi, per licenze e adempimenti vari. Con la crisi non ci possiamo più permettere un'amministrazione pubblica che ostacoli le imprese anziché essere loro alleata. Vanno valutati - anche a livello Ue - sistemi per accelerare e semplificare le pratiche, introducendo silenzio assenso con tempi ragionevoli, come già previsto in alcuni casi per infrastrutture o rinnovabili. Servono anche deroghe per le Pmi che hanno costi burocratici 4 volte superiori alle grandi imprese. La Commissione sta attuando un piano per ridurre la burocrazia del 25% con risparmi di decine di miliardi. Abbiamo introdotto test di competitività per valutare l'impatto di nuove misure legislative sulle imprese; e i mister Pmi, si fanno ogni giorno paladini - a tutti i livelli politici e amministrativi - della necessità di un contesto più favorevole al business.

Il vertice informale del 23 maggio ha affrontato i nodi della crisi mettendo sul tavolo alcuni punti essenziali presumibilmente in discussione al prossimo Consiglio europeo del 29 giugno. Tra questi gli eurobond, che potrebbero aiutare a contenere i debiti e frenare la speculazione sui tassi; e un percorso verso un'unione bancaria con una garanzia europea sui deposti per dare stabilità alle banche e favorire il credito. Auspicabile anche una discussione sul ruolo della Bce e sul valore dell'euro rispetto a monete concorrenti.

È arrivato il tempo di costruire in tempi rapidi le fondamenta di una nuova Europa. Con un vero governo dell'economia, una Banca Centrale analoga alla Federal Reserve, una politica monetaria che guardi alla realtà del tessuto economico e sociale nel suo complesso. Con un sistema d'indebitamento in parte comune che non elimini la responsabilità dei singoli Stati ma consenta di pagare tassi d'interesse sostenibili senza soffocare l'economia reale.

Antonio Tajani è Vicepresidente della Commissione Ue,
responsabile per l'industria e l'imprenditoria

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