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Questo articolo è stato pubblicato il 10 giugno 2012 alle ore 15:05.
L'ultima modifica è del 10 giugno 2012 alle ore 16:45.

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La Banca Popolare di Milano mette in cantiere il nuovo piano strategico triennale (atteso per metà luglio) al fine di dare sostanza alla svolta maturata lo scorso ottobre a livello di governance. La separazione di interessi proprietari (ancora all'interno di un ordinamento cooperativo con una larga dominanza di soci-dipendenti) e di gestione è stata realizzata con la creazione in un sistema duale e l'avvento alla presidenza di Andrea Bonomi, un investitore istituzionale che ha rilevato l'8% di Bpm.

Un aumento di capitale, la chiamata di Piero Montani come amministratore delegato e un primo ricambio del management di prima linea hanno chiuso la fase di impianto della nuova governance, secondo linee condivise sia dal mercato che dalla vigilanza della Banca d'Italia. Quest'ultima sarà anzitutto chiamata a valutare, nei prossimi mesi, se rimuovere gli add-on: le ponderazioni ultra-prudenziali agli attivi rischiosi che tuttora comprimono all'8,3% (rispetto al 10,1%) il "core-tier 1" di un patrimonio che ancora include 500 milioni di Tremonti bond. Il primo trimestre, nel frattempo, ha chiuso con un utile di 64 milioni - migliore delle attese ma non giudicato replicabile a livello annuale - anche per il carry trade fra liquidità Bce e titoli sovrani italiani.

Nel bilancio 2011 i nuovi vertici hanno inserito un accantonamento di 40 milioni utile a promuovere un'eventuale conciliazione con i portatori di obbligazioni "convertende" emesse nel 2009 e oggetto di forte svalutazione sui mercati.
Il vero masterplan di Bpm rimane probabilmente il cambiamento di governance, di management e di assetti proprietari maturato lo scorso ottobre: quello che ha portato il neo-presidente del consiglio di gestione, Andrea Bonomi, ad assumere direttamente la guida della capogruppo, puntando direttamente centinaia di milioni attraverso la sua Investindustrial.

Un investimento stabile, ma accompagnato da altri interventi istituzionali (come quelli di Capital Investment Trust del finanziere Raffaele Mincione o della stessa banca centrale di Norvegia) che hanno dato profilo anche nella struttura azionaria alla storica soluzione di continuità legata al varo della governance duale.
A metà luglio – hanno confermato nei giorni scorsi i vertici – la "nuova Bpm" varerà un piano strategico formalizzato. Un piano annunciato come «rivoluzionario», ma probabilmente più nelle logiche interne che negli aspetti strutturali (resta non all'ordine del giorno l'ipotesi di incorporazione di Banca Akros, ventilata sui mercati).

L'orizzonte del piano sarà triennale e approderà - nel 2015 - al 150esimo di fondazione dell'istituto. Naturale pensare che i prossimi mille giorni "in mare aperto" testeranno l'intera nuova "governance materiale" del gruppo, che pure resta al momento pienamente all'interno dell'ordinamento coooperativistico. Alla prova non saranno solamente la nuova struttura manageriale e il cambiamento delle regole operative interne, ma anche un confronto in evoluzione con le attese del mercato.

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