Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 27 agosto 2012 alle ore 08:29.
L'ultima modifica è del 27 agosto 2012 alle ore 09:01.

My24

Il massacro in Norvegia nel luglio 2011 e il recente attacco contro un tempio sikh a Oak Creek, nel Wisconsin, sono stati opera di estremisti di destra decisi a ricostruire il mondo secondo i loro criteri neonazisti. Allo stesso modo, gli attacchi terroristici dell'11 settembre 2001 sono stati opera di estremisti islamici che vedono le altre religioni e culture come una minaccia. Ma sarebbe semplicistico pensare che i nostri leader non aggiungano benzina al fuoco dell'odio, anche se il loro sciovinismo assume forme più "civilizzate".

Basta chiederlo ai giapponesi, regolarmente additati dagli americani negli anni 80 come concorrenti sleali. O basta pensare, oggi, alla demonizzazione dell'India provocata dall'incessante ritornello sui mali dell'outsourcing.

Non è una novità. Le gravissime atrocità commesse dai giapponesi durante la seconda guerra mondiale hanno di fatto cancellato dalla memoria collettiva degli americani la legge sull'immigrazione del 1924 e altre leggi federali che puntavano a escludere giapponesi e cinesi dagli Stati Uniti, e anche leggi statali razziste come l'Alien Land Act californiano del 1913. Con lo scoppio della guerra, gli americani di origine giapponese furono espropriati dei loro averi e radunati in campi di concentramento. Il grande sostenitore di queste misure fu il procuratore generale della California Earl Warren, quello stesso Earl Warren che un decennio dopo, come presidente della Corte suprema degli Stati Uniti, avrebbe affossato la dottrina "separati ma uguali", alla base della segregazione razziale dei cittadini neri.

L'isteria antigiapponese degli anni 80 trovò terreno fertile nel fatto che molti americani avevano paura che il XXI secolo sarebbe stato giapponese, dopo il secolo inglese (l'Ottocento) e quello americano (il Novecento). Ma a differenza degli inglesi o degli americani i giapponesi, secondo la tesi antinipponica, guadagnavano terreno in modo scorretto, esportando a man bassa verso gli Usa ed escludendo ingiustamente i prodotti americani dal loro mercato.

Ogni politica del Governo giapponese veniva interpretata nel modo peggiore possibile, e questa propaganda era trasversale, sostenuta da esponenti di entrambi i partiti e diffusa, con poche meritevoli eccezioni, da mezzi di informazione acritici e pseudopatriottici. Ricordo il premio Nobel Paul Samuelson (insieme a John Maynard Keynes probabilmente l'economista più importante della sua epoca) che faceva notare che la propaganda antigiapponese era arrivata a un livello tale che i detrattori del Paese del Sol Levante sarebbero stati disposti a sostenere che i giapponesi, quando incontravano un occidentale, si inchinavano per potergli segare meglio le ginocchia.

Shopping24

Dai nostri archivi