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Questo articolo è stato pubblicato il 07 settembre 2012 alle ore 06:39.

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Si tratta dell'evento politico più importante del mondo, in cui sarà scelto tutto il gruppo dirigente della seconda grande potenza, quella emergente, la Cina.
La sua leadership concentrerà poteri che negli Stati Uniti, la prima potenza, sono per la maggior parte divisi tra presidente, parlamento, corte suprema, Federal Reserve, giornali e persino associazione degli imprenditori. In Cina invece, paese semi imperiale, semi leninista, semi capitalista, per ciascuno di questi poteri o voci o gruppi di interesse un rappresentante siederà nell'ufficio politico centrale, il comitato permanente del politburo.
Ciò serve a comprendere quanto sia in realtà importante il congresso del Partito Comunista cinese che dopo cinque anni tornerà a riunire a Pechino a metà ottobre circa 2.200 delegati. Stavolta l'appuntamento è ancora più importante poiché tutto il vertice dovrebbe essere rinnovato, dopo due mandati, e dovrebbe andare al potere l'attuale vicepresidente Xi Jinping.
In questa piramide, a differenza del sistema imperiale o leninista, non c'è più però un vertice chiaro, anche se a differenza del sistema capitalista non c'è ancora dialogo chiaro e trasparente fra i vari poteri. L'enfasi sull'idea di una leadership collettiva, da Deng Xiaoping in poi, e i vari “semi imperiale, semi leninista, semi capitalista” indicano come la Cina sia un paese in grande trasformazione istituzionale. L'elemento più importante è quali riforme strutturali, amministrative e politiche emergeranno dal congresso. Questo sarà il cuore vero della riunione, prevista intorno alla metà di ottobre. Ma su questo non ci sono né ci saranno anticipazioni concrete. Di certo c'è il fatto importantissimo che si tratterà di una “democratizzazione”. Ma in che senso?
La fazione che si riconosceva nell'ex segretario del Partito di Chongqing Bo Xilai voleva una specie di restaurazione maoista. Chiedeva maggiori poteri per il politburo di Pechino e soprattutto, in economia, appoggiava le imprese di Stato contro quelle private. Il ruolo crescente delle imprese private in Cina era considerato ormai il punto di rottura dell'intero sistema politico nazionale: le imprese private avrebbero potuto condizionare le scelte politiche nazionali come avviene nei paesi capitalistici.
Oggi che Bo è stato sconfitto l'idea, pur debole, rimane. Inoltre se la restaurazione non funziona ed è chiara la volontà di muoversi verso la democrazia non è affatto chiaro come trasformare il corpaccione burocratico, e tutto sommato efficiente, del Partito secondo le regole democratiche occidentali senza provocare sconquassi. Una eventuale crisi, vista l'importanza della Cina nell'economia mondiale, potrebbe diventare un danno globale. Inoltre un passaggio verso la democrazia è nei fatti condizione necessaria per cominciare a realizzare l'agognata unificazione con l'isola di Taiwan, (indipendente nei fatti ma in teoria parte di un'unica Cina).

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