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Questo articolo è stato pubblicato il 15 settembre 2012 alle ore 10:59.

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Il Giappone è un famelico consumatore di elettricità (leggendarie sono le sue seggette da toilette riscaldate) e uno dei paesi più deprivati di materie prime. Investirà nelle rinnovabili, consoliderà la sua leadership nei consumi di Lng (gas naturale liquefatto) e sarà più energeticamente dipendente che mai. I costi dell'energia aumenteranno. Chi è favorevole al nucleare, ripete che quella resta l'energia più conveniente che c'è. Ma per favore, non ditelo ai giapponesi.

Il premier Noda ha detto che il paese spenderà almeno mille miliardi di yen (10 miliardi di euro) per decontaminare 29 milioni di metri cubi di terreno. Ma quelle sono noccioline. Lo stesso governo calcola che ci vorranno quarant'anni per rammendare lo strappo di Fukushima. E, secondo Tatsuhiko Kodama del'Università di Tokyo, il costo finale si aggirerà sui 50mila miliardi di yen, 503 miliardi di euro. Mai ci fu bolletta più cara.

È la fine del nucleare? No, perché l'India e la Cina vanno avanti per la loro strada: Pechino ha 16 reattori attivi e 26 in costruzione. Ma nel 1996 il nucleare produceva il 18% dell'elettricità mondiale, il 13% nel 2010 e certamente ancora meno oggi che il Giappone ha 48 reattori spenti. In America tutto è fermo. Oltre all'Italia, dove il referendum ha ribadito un secco «no», molti altri paesi si oppongono all'adozione dell'atomo, inclusa la gigantesca e deserta Australia. Però si dice che anche in Cina circoli un dubbio: aumentare le misure di sicurezza, fa aumentare i costi. E non è detto che la scelta della fissione sia poi così economica.

Forse, più che la fine del nucleare, potrebbe essere l'inizio della fine per l'uranio. Migliori e meno pericolose tecnologie, appariranno. La possibilità più interessante resta la centrale nucleare a base di torio: la fissione non produce plutonio; per gli eserciti e i terroristi è inutile; non ha bisogno di arricchimenti; il reattore può essere spento senza timori di reazioni a catena. Ah, e in natura è più abbondante dell'uranio. Il torio è oggetto di ricerca da mezzo secolo. Carlo Rubbia ha recentemente proposto un nuovo tipo di reattore a torio, battezzato Ads, che avrebbe solo bisogno di un po' di uranio "usato".

Il sogno della fusione nucleare poi, non si è ancora spento. A parte i tempi biblici del progetto internazionale Iter, ci sono laboratori e startup in giro per il mondo (come la canadese General Fusion, dove ha investito Jeff Bezos di Amazon) che continuano a inseguire il sogno di fondere nuclei di atomi, come accade abitualmente nelle stelle. Chi ha fiducia nell'ingegno umano, sa che qualcosa accadrà. A maggior ragione ora, che ne abbiamo disperato bisogno.

Il mondo consuma, in termini di energia primaria, circa 150mila terawatt/ora, il doppio rispetto al 1975. L'Aie stima che i consumi sono destinati a crescere e le emissioni di anidride carbonica pure. E qui sta l'ultimo paradosso: la defezione giapponese dal club nucleare, farà aumentare anche la CO2 nell'atmosfera.

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