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Questo articolo è stato pubblicato il 30 settembre 2012 alle ore 13:44.

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Tutte stipate in un villino monofamiliare ai margini del deserto che evidentemente serve anche da abitazione per il gestore di Killucan. Presso un altro indirizzo, il civico 2710 di Thomas avenue, a Cheyenne, in Wyoming, l'agenzia Reuters ha invece trovato più di duemila società. Inclusa una creata per conto dell'ex primo ministro dell'Ucraina, Pavlo Lazarenko, oggi in carcere per corruzione e riciclaggio.
Ma il record appartiene al civico 1209 di North Orange Street, a Wilmington, nel Delaware, dove risultano risiedere oltre 285mila società. Inclusa una attribuita a Stanko Subotic, criminale serbo condannato per contrabbando.

A poco più di 150 chilometri da Washington, Wilmington è ritenuta la capitale mondiale delle registrazioni societarie. Quasi la metà delle aziende americane hanno una sede lì. Così come centinaia di migliaia di società di comodo. «Ogni anno negli Usa vengono costituite circa due milioni di nuove entità societarie. E a quasi nessuna di queste è richiesto di fornire informazioni sui loro veri proprietari. È un problema enorme», sostiene Heather Lowe. Da 12 anni il senatore democratico del Minnesota, Carl Levin, sta cercando di far approvare in Congresso una legge sulla trasparenza societaria. Ma nonostante la primavera scorsa 41 Ong americane abbiano inviato una lettera a ogni parlamentare americano invitandolo a sostenere il disegno di legge di Levin, le probabilità che venga approvato quest'anno rimangono pressocché nulle. «Per alcuni Stati la registrazione societaria dà un contributo enorme alle loro casse. Allo Stato del Delaware l'ufficio della Division of Corporations costa circa 12 milioni di gestione, ma consente di incassare oltre 750 milioni all'anno. E il timore è che l'eliminazione delle società anonime vada a intaccare quelle entrate», sostiene Lowe.

«In realtà si potrebbe tranquillamente imporre una maggiore trasparenza senza in alcun modo burocratizzare le procedure per chi non ha nulla da nascondere. Ma evidentemente Washington non lo vuole fare. È molto più facile mettere pressione sulle banche svizzere che su quelle americane. Anche perché quelle svizzere non hanno una lobby che le protegge», sostiene Sharman, secondo il quale a bloccare gli sforzi di Levin è soprattutto la resistenza di tre potentissime lobby, quella delle banche, quella delle Camere di Commercio e quella degli avvocati. «Le associazioni bancarie di California, Texas e Florida hanno apertamente dichiarato di essere contrarie a qualsiasi riforma che possa ridurre l'afflusso di capitali in fuga dall'America Latina», aggiunge il professore australiano.

A suo dire le lobby delle Camere di commercio e degli avvocati si oppongono invece perché temono che la nuova normativa possa segnare il primo passo di una stretta regolatoria. «Il risultato è che oggi gli Usa sono un paradiso fiscale più sicuro dell'Isola di Man o delle Cayman, perché se si vuole costituire una società in quelle isole occorre fornire alle autorità locali documenti di identificazione che rimangono poi agli atti, mentre in alcuni Stati americani questo non è previsto».
Rebecca Wilkins, della Ong statunitense Citizens for Tax Justice, è altrettanto severa: «Il fatto che negli Usa sia consentito costituire società di comodo la cui proprietà è completamente anonima permette a criminali di tutto il mondo di nascondere e riciclare proventi delle loro attività illecite, dall'evasione fiscale al traffico di droga o quello di esseri umani. Il tutto sotto quella patina di rispettabilità fornita da una corporation americana».

Il Sole 24 Ore ha appurato che tra gli addetti ai lavori il ruolo degli Usa come destinazione è un vero e proprio segreto di Pulcinella. Il 24 maggio scorso il Comitato economico e sociale europeo ha adottato un «parere» sul tema "Paradisi fiscali e finanziari: una minaccia per il mercato internazionale dell'Ue" in cui del Delaware si dice: «Che il piccolo Stato a Sud della Pennsylvania offra grossi vantaggi alle società offshore, presentandosi come una alternative alle isole Cayman o alle Bermuda sono in pochi a saperlo, ma chi opera nel settore ne è al corrente da tempo». E nella sua ultima "valutazione", il Gafi, l'organismo intergovernativo per la promozione di politiche di contrasto al riciclaggio di denaro, in materia di trasparenza sui beneficiari economici delle società a responsabilità limitata agli Stati Uniti ha assegnato la classificazione di «non in regola».
«Il problema è che gli organismi preposti alla lotta ai paradisi fiscali come il Gafi o la stessa Ocse si sono sempre dimostrati riluttanti a spingere Washington ad affrontare la questione della vulnerabilità del suo sistema societario e finanziario. Il che sminuisce la loro stessa credibilità».

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