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Questo articolo è stato pubblicato il 09 ottobre 2012 alle ore 07:57.

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Sopravviverà l'euro fino al settembre 2013 o finirà per perdere pezzi sotto il morso dei troppi temporeggiamenti e tatticismi elettoral-culturali della Germania di Angela Merkel, decisa a non mollare a nessun costo la cancelleria?

Può sembrare paradossale e perfino provocatorio rilanciare l'interrogativo nel giorno «storico» della nascita dell'Esm (il meccanismo salva-Stati permanente per paesi e banche in difficoltà).

E al termine di un'estate benevola sui mercati grazie al piano Draghi anti-spread, seguito alla pubblica conversione della Merkel alla Realpolitik sull'euro da salvare. Integro.

Invece no. Il fuoco continua a covare sotto le ceneri della crisi che non passa e rischia di riesplodere da un momento all'altro in un'Europa incattivita e surreale che, come la tela di Penelope, non cessa di sfilacciarsi con metodo in un'atmosfera conflittuale di calma allarmante.
Tra economia in recessione, disoccupati in costante aumento insieme ai monologhi sempre più incalzanti su rigore nei conti e dolorose riforme da attuare, le tensioni sociali nell'arco del Mediterraneo sono destinate a salire. In Grecia, Portogallo e Spagna rasentano già il livello di guardia. Ma anche in Italia e Francia fanno sentire la loro voce.
Secondo l'Iif, l'Institute of International Finance, l'austerità a senso unico praticata finora in Grecia e dintorni «ha peggiorato la situazione». Va stimolata la ripresa, altrimenti la cura potrebbe diventare controproducente.

Allarmismi eccessivi? Oggi la Merkel sarà ad Atene per la sua prima visita ufficiale dallo scoppio della crisi. Per garantirne la sicurezza, il governo Samaras è stato costretto a mobilitare 7mila poliziotti in una città in stato d'assedio: non si direbbe la normale accoglienza riservata a partner e amici, al più importante componente di una stessa famiglia.
La Grecia chiede più tempo per digerire i sacrifici pesanti che le sono imposti. Per ora la Germania risponde di no, in attesa del rapporto della troika. Il cancelliere invece, salvo sorprese, ad Atene esalterà il recupero di competitività in un paese prostrato da 5 anni di recessione. Anche la Spagna ha bisogno di aiuti: per le banche e per contenere gli spread. Ma Wolfgang Schäuble ieri le ha mandato a dire che no, Madrid «non ha bisogno di sostegni aggiuntivi». Per la verità il collega cipriota e attuale presidente dell'Ecofin l'ha subito smentito: «In novembre ci saranno nuove misure di aiuto per Grecia, Spagna e Cipro».

Cacofonie a parte, resta che celebrare, come è successo ieri a Lussemburgo, il decollo dell'Esm appare un esercizio alquanto ambiguo, visto che la sua operatività parte dimezzata e tale resterà non si sa fino a quando.
L'urgenza del momento è la ricapitalizzazione delle banche spagnole per circa 60 miliardi. Ma l'Esm non potrà farlo. Perché sulla vigilanza unica da affidare alla Bce non c'è accordo per le fortissime resistenza tedesche. Perché Germania, Olanda e Finlandia ora sostengono che gli aiuti Esm potranno riguardare non i vecchi ma solo i nuovi debiti bancari. In poche parole si tenta di cambiare le carte in tavola mentre si negozia sulle regole di funzionamento del nuovo meccanismo. Lo stesso vale per lo scudo anti-spread.

Oggi sarebbe esagerato e prematuro denunciare i «patti traditi» di giugno. Di sicuro però la Merkel e il suo ministro delle Finanze stanno tentando di sgombrare il campo da tutte le decisioni europee che potrebbero creare turbative nella pubblica opinione tedesca nel bel mezzo della campagna elettorale. Di qui la metodica strategia dilatoria a Bruxelles. Di qui le pressioni perché i paesi in difficoltà provino a sbrogliarsela da soli.
Come se non bastasse, anche la camera di compensazione del bilancio europeo promette di ridursi al lumicino. Le trattative per il rifinanziamento dell'Unione nel settennato 2014-20 ruotano intorno alla politica della lesina, per la prima volta si parla di un possibile bilancio separato per i 17 paesi dell'eurozona, mentre la Gran Bretagna minaccia di porre il veto su una decisione che va presa all'unanimità. Di più: senza più un bilancio comune difficilmente potrebbe continuare a sopravvivere l'attuale mercato unico a 27.

In queste condizioni, basta davvero poco perché l'Europa finisca impiccata alle proprie contraddizioni interne. Per questo nessuno, nemmeno la Germania, può imporle di pagare un prezzo mortale alla rielezione di Angela Merkel.

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