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Questo articolo è stato pubblicato il 13 dicembre 2012 alle ore 06:58.

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Un taglio del 10% alla "tassa energetica" che ogni anno l'Italia paga al resto del mondo per importare petrolio e gas. Ben 5 miliardi di euro ogni anno a disposizione del sistema Italia per aiutarci, intanto, a uscire dalla crisi. Anche perché l'operazione avrebbe un provvidenziale effetto volano, mobilitando investimenti per 15 miliardi di euro con 88 progetti subito cantierabili perché già pre-finanziati dalle compagnie petrolifere, che potrebbero intanto creare 25mila nuovi posti di lavoro portando da 1,2 miliardi a quasi 3 miliardi di euro l'anno le entrate per lo Stato e gli enti locali.

Numeri e cifre. Ma anche promesse: un nuovo dialogo con le comunità locali, vantaggi economici aggiuntivi per i territori, nessuna invasione di trivelle ma semmai un potenziamento, intanto, degli impianti di estrazione di petrolio e gas che già abbiamo. Potrebbe essere questa la via per rilanciare le estrazioni nazionali di petrolio e gas?
Ci crede l'Assomineraria, l'associazione delle compagnie petrolifere che operano in Italia, sull'onda di uno studio analitico realizzato dall'istituto Rie (Ricerche economiche e industriali) che sarà presentato oggi in un convegno. Ci crede nonostante il destino incerto della nuova strategia energetica nazionale messa in campo dal Governo Monti con un occhio di riguardo proprio al miglior sfruttamento delle risorse interne.

E nonostante le barriere alzate dal sempre battagliero fronte del no alle grandi opere, specie se in odore di petrolio e gas. Impegnato, anche qui, a bloccare un piano che potrebbe regalare al nostro Paese, il più dipendente d'Europa dalle importazioni energetiche (siamo ormai a circa il 90% del nostro fabbisogno) pur essendo tra i primi nelle risorse potenziali, addirittura un provvidenziale punto di Pil in più. Quello che deriverebbe dal raddoppio delle attuali e un po' asfittiche estrazioni (si veda Il Sole 24 Ore del 29 luglio scorso).
Raddoppiare gli impianti in terra e in mare? Niente affatto. La carta da giocare è innanzitutto quella dell'efficienza. C'è il perfezionamento delle tecnologie petrolifere, di cui l'Italia è tra i campioni mondiali.

C'è una mappa piuttosto perfezionata di quelle che sono le nostre risorse accertate e potenziali. Ci sono le proiezioni elaborate sulla base delle attività che comunque continuiamo a svolgere nonostante il progressivo calo delle attività di ricerca nell'ultimo ventennio. E tutto converge verso quella che potrebbe essere la nuova promessa in grado di sbloccare il dibattito tra i fautori del rilancio e il fronte del no che attraversa non solo le associazioni ambientaliste ma anche gli schieramenti politici.

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