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Questo articolo è stato pubblicato il 24 dicembre 2012 alle ore 09:00.

Nessuna imposta è popolare. Ma fra le tante quella sulla casa lo è meno di altre. In Italia più di due famiglie su tre posseggono l'abitazione dove risiedono e una su cinque possiede (almeno) una seconda casa che affitta o usa essa stessa e che dà un rendimento lordo intorno al 3% all'anno. Non stupisce quindi che tassare un bene così diffuso e con rendimento così modesto come è stato fatto nell'anno che si sta chiudendo raccolga poco consenso e che la promessa di detassarlo nella prossima legislatura possa ancora tentare, se non tutti, almeno alcuni dei partecipanti alla contesa elettorale.
Ma non è solo e tanto la diffusione della casa a rendere molte famiglie oggi particolarmente avverse alla sua tassazione. Ci sono almeno altri due elementi di cui tenere conto se si vuole capire perché le famiglie osteggiano questa imposta e se si vuole trarre qualche lezione per il futuro disegno del sistema fiscale. In primo luogo, la casa è un bene fortemente illiquido. È difficile e costoso venderla, e non la si può vendere a pezzetti, ma o tutta o niente. L'implicazione è che se aumenta significativamente o viene reintrodotta un'imposta sugli immobili – com'è avvenuto quest'anno - il proprietario non può vendere mezzo metro quadro di casa per pagare l'imposta, ma deve provvedervi attingendo al proprio reddito e tagliando quindi qualche altra voce di spesa. Se l'imposta viene mantenuta e diventa parte integrante del sistema, lentamente le persone si aggiustano al nuovo regime. Chi ha poco reddito corrente e molte case venderà a chi ha poche case e una buona capacità di generare reddito. Ma nell'immediato le persone con un basso reddito e una casa di elevato valore (per esempio perché ereditata o comprata anni addietro) patiscono. Persone in queste condizioni non sono poche. Il 10% delle famiglie italiane con reddito inferiore alla mediana possiede una casa il cui valore sta sopra il 75° percentile della distribuzione. Per queste persone pagare l'imposta è particolarmente oneroso: la tassa è elevata, ma non hanno cash.
In secondo luogo, l'Imu è stata re-introdotta e aumentata in un anno in cui per molti il reddito disponibile è calato significativamente, di circa il 4% durante l'anno, rendendo ancora più arduo sostenere il consumo e allo stesso tempo pagare questa imposta. Il credit crunch ha ulteriormente intensificato l'ostilità verso l'imposta, perché ha accresciuto la domanda di liquidità da parte delle famiglie in una congiuntura dove questa è stata particolarmente scarsa. Non stupisce quindi che i cittadini italiani siano così ostili a questa imposta. Ma se è vero che l'esistenza di un'imposta non può essere dettata dal suo gradimento presso il pubblico, ignorare questi sentimenti sarebbe errato. L'imposta sulla casa ha senso che esista perché è quella più adatta a finanziare le amministrazioni locali (per questo buona parte del gettito dovrebbe essere a esse trasferito) e perché un'imposta sul patrimonio può, se ben calibrata, complementare le imposte sul reddito e sui consumi. Ma non deve essere concepita e utilizzata solo come un mezzo per raccogliere gettito secondo le esigenze del momento, con un disegno altalenante sia sulla sua esistenza, permanenza nel tempo, aliquota, livello e base imponibile.
È proprio la mancanza di stabilità su tutte queste caratteristiche dell'imposta la causa principale delle difficoltà che essa produce quando viene reintrodotta, modificata o innalzata, magari proprio nell'anno in cui le persone sono meno preparate ad affrontarla. Proprio perché la casa è un bene illiquido, ci vuole del tempo perché una famiglia ne adatti la dimensione al suo costo, di cui quello fiscale è una componente non trascurabile. Cambiare il quadro impositivo in direzioni impreviste comporta che per molti l'investimento in abitazioni possa risultare eccessivo rispetto a quello che avrebbero scelto se avessero potuto contare su una tassazione stabile e prevedibile. E poiché vendere e comprare casa ha costi di transazione elevati (notarili, fiscali, di intermediazione, di ricerca e anche psicologici) garantire un quadro fiscale stabile riduce questi costi. Vale in particolare per la casa, ma anche per le altre imposte.
Non so se il nuovo governo sarà in grado di ridurre il gravame del fisco. Ma se posso dare un consiglio, si adoperi almeno per mantenere ferma la struttura impositiva per l'intera legislatura, evitando di eliminare un balzello per sostituirlo con un altro per poi magari fare l'operazione inversa l'anno successivo. Il nuovo governo ci tassi, ma quantomeno lo faccia sempre nello stesso modo.
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