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Questo articolo è stato pubblicato il 05 gennaio 2013 alle ore 09:28.
È forse grazie a questa spinta, che la macchina va avanti. Shell, Total, Eni e ConocoPhillips hanno acquistato diritti all'esplorazione in Polonia. In Ucraina, Tnk-Bp e Chevron stanno lavorando a un'intesa col governo, mentre l'Eni ha già rilevato la maggioranza della Westgasinvest, azienda che detiene diritti su un'area di 3.800 chilometri quadrati. Come si diceva, altri tre ex-satelliti sovietici hanno messo una moratoria sul fracking: la Bulgaria ha addirittura revocato una licenza già assegnata a Chevron. Ma è pur sempre una scelta provvisoria, prona ai ripensamenti.
Per completare il panorama, mentre l'austriaca Omv sta già conducendo esplorazioni non lontano da Vienna, la Cuadrilla Resources continua lo operazioni a Blackpool, in Inghilterra, nonostante abbia riconosciuto di aver provocato un terremoto di 2,3 gradi Richter – altro possibile effetto collaterale del fracking – nell'aprile 2011.
Come lamenta la Bdi, la federazione delle industrie tedesche, l'alluvione del gas inconvenzionale ha fatto precipitare i prezzi del gas in America, col risultato di aggiungere l'ennesimo divario competitivo fra le due sponde industriali dell'Atlantico. Il prezzo medio spot del metano per milioni di Btu (British thermal units, unità di misura dell'energia) è di 10 dollari in Europa e di 3,5 in America. Nel medio periodo, con lo shale gas che va a rilento, non c'è speranza che il divario si restringa. Ma nel lungo?
C'è chi dice che si allargherà. Ma c'è anche chi dice il contrario. «Il Qatar ha investito pesantemente sul Gnl con l'idea di servire il mercato americano – osserva Andreas Goldthau del Global Public Policy Institute di Berlino – ma ora l'America non può assorbire quel gas a più alto prezzo, che così si dirigerà verso l'Europa». Il Gnl è gas liquefatto: raffreddando il metano a -162 gradi si ottiene un liquido che occupa 500 volte meno spazio e si può trasportare per i mari con apposite imbarcazioni. Costa di più che in America. Ma costa di meno che un contratto a lungo termine con la Russia agganciato – anacronisticamente – ai prezzi del petrolio.
Infine, lo shale gas americano potrebbe contribuire ad abbassare le bollette del gas europee anche in un altro modo: con l'esportazione del suo futuribile Gnl. Dopo che una legge ai tempi di Nixon impedì di fatto l'esportazione di idrocarburi per questioni di sicurezza nazionale, la decisione spetta all'amministrazione Obama. Rischierebbe di far salire i bassissimi prezzi domestici. Eppure l'attuale regime di abbondanza potrebbe facilitare il cammino oltrefrontiera del gas, ma anche del petrolio inconvenzionale, Made in Usa.
Usando più gas e meno carbone, gli Stati Uniti hanno addirittura diminuito le emissioni di anidride carbonica. Nei piani di decarbonizzazione della ben più “verde” Europa, lo shale gas non è neppure considerato. Eppure, di riffa o di raffa, il metano inconvenzionale – quello che non ti saresti mai immaginato di poter recuperare – potrebbe rivelarsi un'opportunità per la sicurezza energetica, e anche per le tasche, del Vecchio Continente.
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