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Questo articolo è stato pubblicato il 08 giugno 2013 alle ore 10:05.
L'ultima modifica è del 08 giugno 2013 alle ore 08:21.

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A inizio 2010, un gruppo di uomini in abito scuro atterrò ad Atene. Appartenevano a una istituzione mondiale, il Fondo monetario internazionale, e a due regionali, Commissione Europea e Bce. La loro missione era quella di negoziare termini e condizioni di un salvataggio per la Grecia. Qualche mese più tardi, la Troika fu spedita in Irlanda, poi in Portogallo, e a Cipro.

Questa impresa era destinata ad avere vaste implicazioni. La Troika ha trattato quello che ha finito con l'essere il più grande pacchetto di assistenza finanziaria di sempre: i prestiti verso la Grecia da parte dell'Fmi e dei partner europei raggiungono i 240 miliardi, cioè il 130% del Pil del Paese del 2013 - molto più di quanto abbia mai ricevuto qualsiasi altro Paese, sia in valore assoluto che in termini relativi. Anche i prestiti verso l'Irlanda (85 miliardi) e il Portogallo (78 miliardi) sono più grandi di quelli normalmente forniti dall'Fmi.

Inoltre, la cooperazione tra le tre istituzioni è senza precedenti. Nel 1997-1998, durante la crisi asiatica, il G-7 respinse la proposta del Giappone di un Fondo monetario asiatico. Ora l'Fmi ha accettato un ruolo di "creditore di minoranza", acconsentendo che il grosso degli aiuti provenga dal Meccanismo europeo di stabilità (Esm).

Si è spesso sostenuto che la dimensione dei pacchetti di assistenza è una testimonianza del peso detenuto dall'Europa nell'Fmi. Forse, ma i pacchetti sono, prima di tutto, una conseguenza dei vincoli a cui gli europei erano (e sono) soggetti.

L'adeguamento economico è più lento in un'unione monetaria di quanto non lo sia per i Paesi con una propria moneta, perché, anche per le economie molto flessibili, i prezzi cambiano più lentamente del tasso di cambio. Fornire lo stesso risultato richiede quindi più tempo, e richiede che i Paesi vengano mantenuti in terapia intensiva più a lungo - e a un costo più elevato.

Tre anni dopo, i risultati sono disparati, nel migliore dei casi. La disoccupazione è aumentata molto più del previsto, e le difficoltà sociali sono evidenti. C'è una nota positiva: l'Irlanda, che si deve riprendere da una crisi finanziaria grave. Ma c'è ne anche una negativa: la Grecia, dove il Pil si è ridotto del 20% dal 2009, e in cui il rapporto debito pubblico/Pil è ora superiore a quello previsto in occasione dell'avvio del programma, nonostante la riduzione del debito, negoziato con i creditori privati nel febbraio 2012 . Questo non avviene a causa di una mancanza di consolidamento fiscale. Al contrario, le autorità greche hanno fatto più del previsto su questo fronte. Ma il crollo del Pil ha comportato un rialzo del tasso di debito, portando il Paese in una spirale recessiva quando la contrazione economica ha imposto ulteriori tagli alla spesa.

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