Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 27 luglio 2013 alle ore 09:02.
L'ultima modifica è del 27 luglio 2013 alle ore 09:55.

My24

Le crisi finanziarie creano gravi danni, ma offrono anche l'opportunità di correggere gli errori passati. Chi riparte può essere più forte. Dalla capacità di saper fare necessità virtù dipende il futuro e deciderà la differenza fra vincitori e perdenti.
Le banche hanno prima svolto un ruolo di spugna della crisi, assorbendo l'impatto delle imprese debitrici in condizioni fallimentari e acquistando, anche sotto persuasione morale da parte delle autorità, ingenti quantitativi di debito pubblico con credito deteriorato. Poi, impossibilitate a ottenere capitale fresco, hanno intrapreso un imponente processo di deleveraging che si è scaricato quasi solo sui prestiti alla clientela. La stretta creditizia ha accentuato la crisi delle imprese nonostante il prolungato sforzo della Bce di creare liquidità a basso costo. Sforzo non solo insufficiente, ma controproducente sull'immagine delle banche che sono state bollate dall'opinione pubblica per avere preso a prestito all'1% senza allentare il credito all'economia.

Bisogna spezzare il circolo vizioso che blocca il meccanismo di trasmissione della liquidità e renderlo virtuoso introducendo tre requisiti essenziali: più capitale, più tempo, meno rigidità nei vincoli. Il capitale serve per dare stabilità alle banche; il tempo per recuperare efficienza; la flessibilità dei vincoli per recuperare tempo e capitale. Lo scopo è di raggiungere l'obiettivo primario del risanamento entro un arco di tempo ragionevole. Alle banche che si trovano al di sotto del vincolo di capitale si deve dare tempo per rientrare nei parametri, soprattutto in questo periodo di crisi che non ha precedenti per gravità e durata. Il periodo di rientro va collegato a un piano industriale credibile e mirato a recuperare competitività rispetto ai nostri concorrenti esteri. Ci vuole tempo per ridurre i costi, cedere attività non strategiche e recuperare una redditività sostenibile.

Circa l'infusione di nuovo capitale, ciò che deve cambiare è la fonte alla quale attingere. Non si può chiedere all'economia di apportare più capitale in periodi di crisi e in presenza di bilanci bancari deficitari. Lo scarseggiante capitale privato non avrebbe prospettive di remunerazione adeguate. Ricade sullo Stato di sostituirsi ai privati con un intervento temporaneo e limitato al periodo di recessione. È un pilastro fondamentale della politica economica che la stabilizzazione anticiclica debba essere svolta dal settore pubblico. In questo caso, si tratta di erogare prestiti subordinati alle banche in periodi di crisi e chiederne il rimborso durante la ripresa. Una volta che l'economia sarà ripartita il capitale privato rientrerebbe in banca, rimpiazzando il capitale pubblico.

Shopping24

Dai nostri archivi