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Questo articolo è stato pubblicato il 13 agosto 2013 alle ore 07:36.

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L'«agibilità politica» del Cavaliere passa per l'affidamento in prova

Il Pdl reclama «l'agibilità politica» del suo leader, ma Silvio Berlusconi ha già davanti a sé una possibile strada per allontanare lo spettro della decadenza da senatore e della successiva incandidabilità.

Dovrebbe chiedere l'affidamento in prova al servizio sociale che, in caso di esito positivo, «estingue la pena detentiva e ogni altro effetto penale». Se l'ex premier si affrettasse a farlo (ha tempo fino al 15 ottobre) - accettando di essere «rieducato» attraverso l'assegnazione a un'associazione di volontariato o a un lavoro socialmente utile che ne favorisca la «revisione critica» - e se al termine del periodo di affidamento (dopo un anno, che con lo sconto di 45 giorni per semestre scenderebbe a 10 mesi e 15 giorni) il Tribunale di sorveglianza ritenesse positivo l'esito della prova, cadrebbe l'effetto penale della decadenza da senatore nonché quello della successiva incandidabilità per sei anni.

Potrebbe quindi restare al suo posto di senatore e persino ricandidarsi, almeno fino a quando non diventerà definitiva la condanna all'interdizione dai pubblici uffici (la cui quantificazione è stata rimessa dalla Cassazione alla Corte d'appello di Milano). A quel punto si aprirebbe una nuova partita in Parlamento sulla sua decadenza/incandidabilità.
Insomma, senza bisogno di strappi politico-istituzionali (la grazia, l'amnistia, le forzature nella Giunta delle immunità) e senza schizzi di fango contro Antonio Esposito - il presidente del collegio della Cassazione che ha condannato Berlusconi e ha concesso l'intervista "galeotta" al Mattino - finalizzati a scenari del tutto improbabili (come l'annullamento della sentenza), Berlusconi potrebbe percorrere la strada prevista dalla legge per non essere estromesso dalla politica, almeno nel brevissimo periodo. L'esito non è garantito ma altamente probabile. Perché, se è vero che sulla nozione di «effetto penale della condanna» c'è scarsa chiarezza - tanto più che l'effetto incandidabilità contenuto nel decreto del governo Monti è entrato in vigore solo a dicembre del 2012 -, è anche vero che finora le sezioni unite della Cassazione hanno dato un'interpretazione ampia di «effetto penale».

Punto di partenza è l'articolo 47, comma 12, dell'Ordinamento penitenziario, che sancisce «l'effetto estintivo» derivante dall'affidamento andato a buon fine. È un effetto di ampia portata, perché riguarda tutte le conseguenze negative derivanti automaticamente dalla condanna stessa, diverse dalla pena principale e da quelle accessorie (anche se per queste ultime la questione è tuttora aperta) previste dal codice o da leggi speciali. Quindi: l'impossibilità di godere della sospensione condizionale della pena da parte di chi ne ha già usufruito due volte; l'acquisto della qualità di recidivo o di delinquente abituale o professionale; l'impossibilità di partecipare a pubblici concorsi o di esercitare determinate attività; l'iscrizione al casellario giudiziale. Questo principio è stato ribadito nel 2011 dalle sezioni unite della Cassazione con la sentenza 5859. Che, pur riguardando il caso della recidiva, conferma che l'esito positivo dell'affidamento in prova «estingue la pena detentiva residua e ogni altro effetto penale». La sentenza non si spinge a definire la nozione di «effetto penale» (inesistente nel Codice) ma c'è un precedente (l'unico) in un'altra sentenza della Cassazione, sempre delle sezioni unite. È la n. 7 del 1994 secondo cui «gli effetti penali» si considerano tali in quanto «effetti diretti», automatici, delle sentenze di condanna e non derivanti da provvedimenti discrezionali della pubblica amministrazione. Pertanto, per il Pdl sarebbe un autogol continuare a sostenere la tesi (peraltro smentita da illustri costituzionalisti) che la decadenza di Berlusconi non è una conseguenza automatica della condanna a 4 anni (di cui 3 condonati dall'indulto) ma deve passare al vaglio discrezionale del Senato. Se prevalesse questa tesi, invece di quella della «presa d'atto», Berlusconi perderebbe la via di fuga che le norme dell'ordinamento penitenziario gli offrono con l'affidamento in prova (non anche con la detenzione domiciliare).

Certo, per quanto lineare sul piano giuridico e indolore su quello istituzionale, questo percorso presuppone anzitutto che l'ex premier faccia una «revisione critica» rispetto al reato per il quale è stato condannato, cioè la frode fiscale di 7,4 milioni di euro per la vendita gonfiata dei diritti Tv Mediaset; e che il Pdl accetti che incandidabilità e decadenza sono effetti diretti e automatici della condanna, su cui le Camere non possono mettere bocca. A queste condizioni, Berlusconi potrebbe avere quell'«agibilità politica» che rivendica, senza dover tirare per la giacca il Quirinale, senza pretendere un'amnistia "universale" e senza forzature nella Giunta per le immunità del Senato. Che potrebbe anche sospendere la pratica in attesa della fine dell'affidamento in prova.

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