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Questo articolo è stato pubblicato il 04 settembre 2013 alle ore 07:12.

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United Shale of America, ecco che cosa teme la Russia

Le relazioni fra Stati Uniti e Russia sembrano deteriorarsi oltre il versante politico. Nei primi sei mesi del 2013 gli scambi bilaterali si sono ridotti rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso. Sebbene il saldo sia ancora a favore di Mosca, tuttavia con la ripresa dell'economia americana il disavanzo nel commercio estero degli USA è diminuito in seguito all'incremento generale dell'export e alla contrazione delle importazioni. A registrare la maggiore crescita in giugno, secondo lo U.S. Census Bureau-U.S. Department of Commerce, sono stati l'olio combustibile e i prodotti petroliferi seguiti da beni capitali in settori ad alto contenuto tecnologico come le telecomunicazioni e i motori per aerei nonché industriali. Benché la Russia non sia fra i 15 top partner commerciali degli Usa per valore degli scambi (guidati invece da Canada, Cina, Messico e Giappone), tuttavia la Russia è fra i paesi che hanno ancora un surplus commerciale con gli Usa esportando oltreoceano prodotti di trasformazione dell'industria meccanica e chimica, oltre che materie prime e petrolio.

Il rallentamento attuale dell'economia russa contrasta con questo scenario. Il modello basato sulla ricchezza creata dall'esportazione di petrolio mostra i suoi limiti ed è reso più vulnerabile dal declino del prezzo del greggio e dalla recessione europea. A questi fattori di debolezza si aggiunge la singolare presenza di uno Stato che, nel 2008-2012, ha accresciuto di oltre 1 milione i posti di lavoro pubblici e che oggi controlla circa un quarto della forza lavoro nazionale. Ciò è avvenuto a scapito del settore privato che,nello stesso periodo, ha perso 300.000 posti di lavoro trovandosi a competere ad armi impari con le imprese di Stato per risorse umane, servizi e trasporti.

Va detto che le compagnie petrolifere russe costituiscono circa la metà del valore dello stock market nazionale e che Gazprom produce da sola il 10% dell'export. E' comprensibile perciò che la rivoluzione dello shale-gas americano preoccupi profondamente Mosca. Essa infatti rischia di minare le fondamenta dell'odierno capitalismo di Stato russo poiché al momento della rielezione, lo scorso maggio, il presidente Vladimir Putin ha escluso dalla privatizzazione il settore dell'energia, nonché quello della difesa. Inoltre lo shale-gas sta cambiando l'equilibrio di potere fra Mosca e gli acquirenti europei poiché i rifornimenti di gas liquefatto del Medio Oriente che gli Usa non intendono più acquistare, vengono ora offerti ai paesi europei spingendo verso il basso i prezzi sul mercato mondiale. Come dimostrano sia il taglio del 20% sui prezzi di fornitura per un contratto decennale siglato dalla Bulgaria, sia la riduzione contrattata dall'Eni lo scorso giugno. Senza dire delle conseguenze cha avranno sul petrolio russo le iniziative di paesi una volta appartenenti all'orbita sovietica come Polonia e Ucraina i quali stanno sviluppando le loro forniture di shale tanto per motivi economici quanto strategici.

Sullo scenario internazionale Mosca deve inoltre fare i conti con le ambivalenze e i rischi del rapporto strategico con Pechino. Sebbene negli ultimi anni con l'espansione degli scambi le relazioni fra i due paesi siano migliorate, tuttavia gli interessi restano contrastanti. Così nell'Asia Centrale la Cina sta cercando di mettere da parte la Russia con una politica di aiuti economici e di investimenti in infrastrutture, strade e oleodotti che sta serrando gli stati della regione sempre più strettamente nell'abbraccio cinese. Per parte sua, il presidente Putin mira ad allargare l'attuale unione doganale con Kazakistan e Bielorussia a Kirghizistan e il Tagikistan sino a creare una più ampia Unione euroasiatica entro il 2015, e ciò proprio per limitare l'orbita di attrazione cinese sugli stati dell'Asia Centrale.

D'altra parte Pechino e Mosca hanno in comune il desiderio di rompere e superare l'ordine del dopo-guerra fredda disegnato da Washington e perciò supportano le istituzioni internazionali che includono i nuovi players globali in una posizione di parità con gli Stati Uniti e i suoi tradizionali alleati. Come dimostra la presenza e la leadership di russi e cinesi nell'alleanza militare ed economica della Shanghai Cooperation Organization, nonché il sostegno e il rilievo dati agli incontri del G20.

Infatti la continuità del G20 è un obiettivo strategico per Mosca. L'analisi predisposta dal Cremlino, nel dicembre 2012, per la presidenza russa del Summit che si terrà a San Pietroburgo a settembre, indica fra i principali fattori di incertezza dell'economia mondiale il "fiscal cliff" americano e la crisi del debito in Europa. E individua in un insieme di misure che mirino a stimolare una crescita economica "sostenibile, inclusiva ed equilibrata", nonché nella creazione di nuovi posti di lavoro, gli strumenti per lo sviluppo di una società moderna.

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