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Questo articolo è stato pubblicato il 04 settembre 2013 alle ore 07:57.

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Barack Obama ha vinto una prima scommessa. Il suo avversario di sempre, John Boehner, leader dei repubblicani alla Camera, ha dato luce verde per l'attacco in Siria. L'America sarà unita. Obama arriva oggi in Europa per rafforzare il consenso internazionale in casa di un altro suo avversario, Vladimir Putin.

Sembra esserci un copione preciso in questa interminabile crisi siriana, anche se i colpi di scena degli ultimi dieci giorni avrebbero suggerito il contrario. Il copione preparato da Obama poggia sulla necessità di costruire consenso attorno al Governo americano soprattutto sul piano internazionale. Ora, dopo il colpo di scena di sabato scorso, con lo stop all'attacco per cercare un appoggio del Congresso che ha scatentato mille polemiche e mille accuse di incertezza, Barack Obama incassa in anticipo un dividendo di credibilità che pareva improbabile. Soprattutto dopo la sconfitta parlamentare di David Cameron a Londra per mano dei suoi stessi compagni di partito. Da oggi, in Europa, Obama, il presidente debole e amletico torna dunque all'attacco.

Da Stoccolma, dove arriverà in mattinata per la prima visita di stato di un presidente americano in Svezia, Obama affronterà con il premier svedese Fredrik Reinfeldt la questione degli "spioni"che trovano rifugio in Paesi stranieri: Julian Assange, rifugiato nell'Ambasciata dell'Ecuador a Londra per evitare l'estradizione a Stoccolma; l'americano Edward Snowden, che ha ricevuto l'asilo politico a Mosca da Vladimir Putin per evitare l'estradizione negli Stati Uniti, dove è accusato di aver "rubato" e diffuso segreti di stato.

Anche se in maniera indiretta, Obama non mancherà di notare che il leader russo Vladimir Putin ospita un criminale secondo le convenzioni internazionali. Il sillogismo è fin troppo facile e non ci sarà bisogno di sottolinearlo: per Obama Putin sta anche proteggendo un altro "criminale", Bashar Assad, il leader siriano che in violazione delle leggi internazionali ha ucciso con il gas oltre 1.400 connazionali, inclusi centinaia di bambini. La risposta di Putin la conosciamo, continuerà a minacciare il suo diritto di veto su risoluzioni dell'Onu per un attacco punitivo contro Damasco. Ieri il Segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon ha detto che un'azione militare senza autorizzazione dell'Onu sarà illegale. Anche Papa Francesco ha speso ieri parole "contro la guerra". Ma, dopo quello interno, il copione internazionale è gia scritto e prevede ora questi ulteriori passaggi, il primo al G-20 di San Pietroburgo che inizierà domani sotto la presidenza di Valdimir Putin e che sarà dedicato soprattutto alla crisi siriana.

Barack Obama, di concerto con il suo alleato più vicino, il presidente francese Hollande, cercherà di isolare Putin. Non sarà facile perché molti Paesi "forti" come la Cina o l'India non saranno pronti ad autorizzare un attacco americano. Ma Stati Uniti e Francia cercheranno di aggirare l'ostacolo con una dichiarazione generica, non dissimile da quella della Lega araba, nella quale si condanna l'uso delle armi chimiche e si auspica una punizione dei colpevoli. Se non riuscirà a ottenere l'unanimità su un documento di compromesso, Obama conterà i suoi alleati più fedeli. Ieri ad esempio ha emesso una nota congiunta con il primo ministro giapponese Abe dopo una conversazione telefonica, in cui si prende atto che «l'uso di armi chimiche è in seria violazione dei trattati internazionali e non puo' essere tollerato».

Poi Obama tornerà a casa. Dovrà spingere ulteriormente, soprattutto per convincere i suoi compagni di partito. Nancy Pelosi, capo della minoranza democratica alla Camera, ha dato ieri solo un Ok parziale: «Il presidente dovrà portare il suo caso davanti all'opinione pubblica americana» ha detto. Cosa che sta facendo. Già ieri i suoi ministri, John Kerry, Chuck Hagel e il capo di stato maggiore delle forze armate Martin Dempsey, hanno risposto a domande dei senatori durante un'audizione alla Commissione Esteri. Da lunedì riprenderanno le sessioni formali in Congresso. Se Obama tornerà dal G-20 con un documento forte, il voto per autorizzare l'attacco sarà più facile, forse entro la fine della settimana prossima. Poi, di nuovo, ogni giorno sara' buono per «punire» la Siria. Con tutte le incertezze di un copione denso di suspense.

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