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Questo articolo è stato pubblicato il 13 settembre 2013 alle ore 07:05.

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ROTTERDAM - Maasvlakte 2 è l'ultima frontiera, un nuovo complesso portuale in quella città nella città che è il porto di Rotterdam: 12mila ettari di estensione, un volume di traffico pari a 442 milioni di tonnellate di merci nel 2012 che ne fa di gran lunga il maggiore d'Europa e il quinto al mondo. È anche l'estrema propaggine in mare dello scalo, sorto sul delta della Mosa e del Reno ed estesosi progressivamente, soprattutto nell'ultimo cinquantennio, nel Mare del Nord perché - come spiega Minco Van Heezen, portavoce dell'Autorità portuale - «serviva più spazio» per non rischiare di perdere clienti e competitività.

Qui martedì è approdato dopo 34 giorni di navigazione il cargo Yong Sheng, prima nave commerciale cinese a percorrere la rotta artica: non il tradizionale tragitto dal Canale di Suez, ma quello che passa dallo Stretto di Bering e costeggia la Russia settentrionale. È il mitico "passaggio a Nordest", attraverso i ghiacci dell'Artico, quello che già dal sedicesimo secolo affascinò cartografi ed esploratori come l'olandese Willem Barents. Oggi si chiama più prosaicamente "Northern Sea Route" (NSR), una via marittima settentrionale che solo negli ultimi anni - complice lo scioglimento dei ghiacci del Circolo polare artico, ai minimi storici l'anno scorso - ha ripreso a suscitare interesse: nel 2009 le navi che hanno percorso l'intera rotta sono state due, 34 nel 2011, 46 l'anno scorso, una ventina finora quest'anno, con quasi 500 permessi complessivi concessi dalla NSR Administration, l'autorità russa che ha la sovrintendenza sul percorso, anche per piccoli tratti di percorrenza.
L'incontro tra suggestioni storiche e prospettive commerciali ha fatto dell'arrivo della Yong Sheng - che dal porto di partenza di Dalian a Rotterdam ha risparmiato circa 5mila chilometri e 10-12 giorni di navigazione rispetto alla rotta di Suez - un evento particolarmente ghiotto dal punto di vista mediatico.

Ma che valore può avere concretamente la nuova rotta, per il commercio mondiale e per il porto di Rotterdam? Gli addetti ai lavori sono cauti. L'Autorità portuale stima che non se potrà fare un uso "strutturale" prima del 2025, visto che ampie porzioni del tragitto sono praticabili solo per due-tre mesi all'anno a causa del ghiaccio e che, anche nel periodo di agibilità, serve l'ausilio di navi rompighiaccio russe. «Nel lungo termine - spiega Minco van Heezen - vediamo due possibili ambiti di interesse della rotta: il primo è il traffico di navi "break bulk" (quelle con merci non spedite in container standard, ndr), senza vincoli rigidi di consegna e con una stazza non troppo grande, come la Yong Sheng; il secondo è il trasporto di petrolio grezzo e derivati dal Nord della Russia».
I cinesi però prevedono di far passare di qui entro il 2020 fino al 15% del loro traffico commerciale, sottolineando gli ulteriori vantaggi economici derivanti dal fatto che è una rotta senza pirati; e anche i russi - con forti interessi economici nello sviluppo della Nsr, tra concessioni e tasse - usano toni enfatici.

«I cinesi sembrano più ottimisti degli spedizionieri», nota Bert van Wee, docente di Politica dei trasporti e capo del dipartimento Trasporti e logistica all'Università tecnologica di Delft, che nel 2010 ha supervisionato una tesi di ricerca sul tema. «Tuttavia - ammette - lo scenario potrebbe cambiare se la Cina dovesse usare spesso e con successo questa rotta. Quanto all'eventuale impatto sul porto di Rotterdam, van Wee rileva che la diminuzione dei costi di navigazione potrebbe parzialmente incrementare il commercio tra Europa ed Est asiatico, avvantaggiando però allo stesso modo Rotterdam e i porti concorrenti (Anversa, Amburgo). In ogni caso - conclude - «credo che l'impatto non sarà molto consistente, perché il trasporto tra Europa e Oriente asiatico è già molto conveniente. E la diminuzione di prezzo legata ai tempi di percorrenza (carburante, equipaggio) sarà in buona parte compensata dal possibile aumento delle tariffe da parte della Russia». Prospettive interessanti si potrebbero invece aprire in campo energetico, se le nuove risorse artiche dovessero trovare nella Nsr una via più diretta per le numerose compagnie del settore con base nel porto di Rotterdam, principale polo petrolchimico mondiale. Ma è un terreno ancora da esplorare.

L'autorità portuale monitorerà da vicino gli sviluppi della rotta artica, convinta che - le parole sono ancora di Minco van Heezen - nella peggiore delle ipotesi Rotterdam non ci perderà, ma potrebbe anzi guadagnarci. L'ottica, insomma, è quella del business e dello stretto coordinamento con le aziende che operano nello scalo; un'ottica che continua a guidare le scelte strategiche del porto, insignito pochi giorni fa del riconoscimento di prima infrastruttura mondiale in termini di competitività nella classifica del World economic forum.
Lo scalo rimane dunque un perno importante per restituire lo slancio perduto al Paese, con i suoi circa 28 miliardi di valore aggiunto pari al 4,7% del Pil olandese: la stima è del gruppo di ricerca guidato da Frans van den Bosch, docente di Gestione dei rapporti tra organizzazioni e ambiente dell'Università Erasmus di Rotterdam, Scuola di Management, che per la prima volta due anni fa ne ha calcolato anche il valore strategico, in termini cioè di aumento di competitività per il Paese e per la sua industria. «Ed è un valore che può ancora crescere - spiega il professor van den Bosch - potenziando la connettività di Rotterdam con altri porti».

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