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Questo articolo è stato pubblicato il 06 ottobre 2013 alle ore 14:20.

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Se gli Usa perdono la leadership mondiale

In un mondo in cui le parole stanno via via perdendo il loro significato, tant'è che in tutti i campi l'inconcludente confusione aumenta, l'unica parola che conserva il suo valore per trovare una soluzione ai sempre più irrisolvibili problemi mondiali è leadership.
All'inizio del millennio, nel 2001, Henry Kissinger scriveva: «Gli Stati Uniti godono di una preminenza che non ha mai avuto uguali, neppure nei più grandi imperi del passato … il suo ascendente sul pianeta è a tutti i livelli senza paragone». Le cronache attuali sembrano fornirgli una clamorosa smentita.

La guerra fredda fu una delle vicende storiche sparite senza che si creasse un nuovo ordine mondiale, lasciando quindi un caos totale poiché lo Stato più dotato di una potenza economica e militare non riuscì a condurre verso una pacificazione internazionale.

È pur vero che gli Stati Uniti ancora godono di influenza nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e in molte istituzioni finanziarie internazionali ma, quando i problemi globali vanno aldilà delle previsioni diplomatiche esistenti, la politica interna americana rappresenta un grave ostacolo, il più delle volte ideologico.

Inoltre, dopo aver costituito il centro della crisi economica globale iniziata nel 2007 -2008, ed avere al di fuori di ogni legittimo trattato internazionale imposto al resto del mondo una fallimentare politica di austerità ad esclusiva salvezza del loro capitalismo finanziario, gli Stati Uniti stanno ora cadendo nella loro stessa trappola ideologica.

Alla mezzanotte del primo ottobre il governo federale, rimasto senza fondi, ha interrotto le funzioni governative considerate non essenziali, sicché ottocentomila dipendenti federali sono restati a casa senza paga e un altro milione e trecentomila verranno comunque pagati in ritardo. Senza parlare dei servizi che non vengono più forniti. È quello che, con significato questa volta assolutamente preciso, è chiamato shutdown.

Tutto ciò costituisce certamente un danno economico non di poco conto, ma comunque non una grande calamità come potrebbe avvenire quando il prossimo 17 ottobre il governo federale toccherà il tetto del debito pubblico e questo non venisse, come altre volte, aumentato, mettendo tra l'altro a repentaglio la riforma sanitaria di Obama. Gli Stati Uniti non si sono mai trovati nella condizione di non poter pagare i propri debiti e di fronte alla enormità del loro debito nazionale, si presenta in questa lotta fra democratici e repubblicani lo spettro finora mai evocato di un catastrofico default.Quel che più impressiona è che questo possibile disastro economico ha soprattutto come ultima motivazione l'abbandono di un diritto umano fondamentale, quale il diritto alla salute, finora - e non l'unico - malamente trascurato negli Stati Uniti.

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