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Questo articolo è stato pubblicato il 22 ottobre 2013 alle ore 08:24.
L'ultima modifica è del 22 ottobre 2013 alle ore 09:39.

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È morto domenica scorsa Lawrence R. Klein, premio Nobel per l'economia nel 1980. Riceviamo e volentieri pubblichiamo dal Governatore Ignazio Visco questo articolo estratto dalla sua introduzione al volume di Klein Macroeconomia, econometria e politica economica (il Mulino 2006).
Nessun altro economista ha avuto "così tanti seguaci e un'influenza così grande" sulla ricerca empirica in economia: così si concludeva la nota con cui l'Accademia svedese delle Scienze motivava, nel 1980, l'assegnazione del premio Nobel a Lawrence R. Klein. In effetti, il modo in cui oggi si fa ricerca applicata, si formulano previsioni, si discute di politica economica ha un debito con Klein forse più che con qualunque altro economista.
Eminente accademico e prolifico autore, Klein è stato in realtà molto di più. Sotto diversi aspetti il suo ruolo può essere assimilato a quello del maestro artigiano, con un laboratorio sempre attivo: una "bottega", anzi più di una, in cui chi aveva la ventura di farne parte finiva per apprendere l'"arte", imparava non solo come guardare al sistema economico con gli strumenti della teoria, ma anche, forse soprattutto, come introdurre e utilizzare nuovi strumenti per analizzarne il funzionamento sul piano quantitativo, per disegnare scenari previsivi, per trarre indicazioni concrete di politica economica.

Oggi certo nessuno si stupisce nel leggere sul giornale commenti e valutazioni riferiti a previsioni sulla crescita del Pil, sui consumi delle famiglie, sugli investimenti delle imprese, sull'occupazione, sull'inflazione, sui tassi d'interesse, sulla moneta, sul commercio internazionale, sui cambi e su tutte le altre variabili economiche e finanziarie che rilevano tanto per la politica economica quanto per le decisioni di imprese e famiglie. Pure, questo è un risultato acquisito di recente, che ha avuto in Lawrence Klein un protagonista: dai pionieristici contributi degli anni 50 e 60 del Novecento alla grande stagione dei modelli econometrici degli anni 60 e 70, fino allo sviluppo più recente di una nuova industria, affermatasi a livello mondiale e che ha sfruttato la possibilità offerta - nell'organizzazione di grandi banche di dati, nella stima quantitativa di relazioni economiche su serie temporali e dati sezionali, nella risoluzione di sistemi di equazioni complessi e non lineari - dalla diffusione del computer e dal progresso tecnologico, che con intensità crescente ha segnato gli ultimi 40 anni.

Al di là dei contributi, Klein ha svolto un ruolo decisivo nello spingere la professione degli economisti a muoversi con decisione nell'uso dell'analisi quantitativa per la previsione, la politica economica, l'analisi empirica dei fenomeni economici. Nei 60 anni trascorsi dai suoi primi tentativi presso la Cowles Commission, la modellistica econometrica ha percorso moltissima strada, seguendo, e a volte anticipando, gli sviluppi teorici; sfruttando pienamente, e a volte stimolando, il progresso delle tecnologie dell'informazione. Non di tutti questi sviluppi Klein si mostra convinto. Aspettative razionali con agenti rappresentativi, macroeconomia neoclassica e teoria del ciclo economico reale non gli sembrano costruzioni teoriche sufficientemente valide per rappresentare la complessità del mondo reale. Nello stesso tempo, metodologie econometriche che troppo poco richiedono all'analisi economica a priori, quali le autoregressioni vettoriali, o che troppo poco si servono delle informazioni presenti nei dati, come nel caso dei modelli calibrati, vanno contro le sue convinzioni, affermatesi negli anni, circa la superiorità di modelli di grandi dimensioni, nei quali si presti la necessaria attenzione pure a vincoli contabili e caratteristiche istituzionali dei sistemi economici.

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