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Questo articolo è stato pubblicato il 23 ottobre 2013 alle ore 09:15.
L'ultima modifica è del 23 ottobre 2013 alle ore 09:48.

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Crisi? Quale crisi? Dovessimo basarci sui sentimenti prevalenti in Germania, non ci sarebbe quasi motivo per preoccuparsi dell'Ue. Questo compiacimento dell'opinione pubblica tedesca è pericoloso. Nessuno dei problemi alla base della crisi dell'euro è stato risolto: non la crisi bancaria, né quella del debito sovrano, né quella di competitività. Nei Paesi in difficoltà, una generazione si ritrova privata dei mezzi di sostentamento e la disponibilità a fare riforme declina rapidamente.
Noi, undici fra economisti, giuristi e politologi tedeschi, sosteniamo che il principio che stabilisce che nessuno Stato è autorizzato a salvare un altro Stato dalla bancarotta è corretto. Ma se l'applicazione di tale principio provoca danni incalcolabili, né i debitori né i creditori crederanno mai alla tesi che gli Stati sono responsabili delle loro azioni. Quello di cui c'è bisogno è un'integrazione più profonda, in quattro aree. In primo luogo, è stato giusto irrigidire le regole sul debito pubblico con il fiscal compact, ma il fiscal compact non avrebbe impedito la crisi in Paesi come Spagna e Irlanda, dove l'eccesso di indebitamento privato si è trasformato in crisi bancaria. La zona euro ha bisogno di un'unione bancaria solida, che includa un supervisore unico e un meccanismo di risoluzione delle crisi, che chiami a render conto innanzitutto i creditori. Senza un meccanismo di risoluzione, l'Europa è condannata a un decennio di stagnazione economica alla giapponese. Il tempo stringe.

In secondo luogo, la responsabilità dell'Unione diventa centrale quando è a rischio la sussistenza. Se in Grecia, in Portogallo o in Spagna, un'intera generazione è privata della possibilità di condurre una vita produttiva, non è solo un problema dei greci, dei portoghesi o degli spagnoli, è un problema che riguarda tutti noi cittadini dell'Unione. L'unione monetaria è condannata a una costante instabilità se non si doterà di un meccanismo di trasferimenti, controllato e soggetto a condizioni. Abbiamo bisogno di un meccanismo di protezione esteso a tutta l'Eurozona per assorbire le conseguenze delle crisi, per esempio con un sistema comune di sussidi di disoccupazione. C'è urgente necessità di una maggiore mobilità della manodopera, che andrebbe a vantaggio sia di quei Paesi che hanno carenza di manodopera qualificata, come la Germania, sia dei Paesi di origine.
In terzo luogo, l'Unione europea è una comunità giuridica che dipende dal funzionamento dei tre poteri - legislativo, esecutivo e giudiziario - negli Stati membri. Gli Stati membri devono poter contare reciprocamente sul fatto che i loro Governi sono legittimamente eletti, che le loro leggi sono legittimamente scritte e che i loro cittadini sono liberi e uguali di fronte alla legge. Ma l'Unione non dispone di strumenti efficaci e credibili per far rispettare questo obbligo: sono necessari meccanismi sanzionatori forti per garantire che gli Stati possano contare l'uno sull'altro e che i loro cittadini non siano indifesi di fronte a forze che mettono in discussione il loro ordine costituzionale.

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