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Questo articolo è stato pubblicato il 07 novembre 2013 alle ore 07:10.
L'ultima modifica è del 07 novembre 2013 alle ore 07:34.

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L'imprenditore con la valigia che gira il mondo con il proprio campionario è ormai un dagherrotipo virato seppia di un'Italia non ancora digitale e non ancora globale. Ma ha segnato il successo di un'epoca dove gli "animal spirits" di un capitalismo insorgente e ancora pulviscolare cercavano mercati e sbocchi. Con successo e determinazione. Nel nuovo mondo 3.0 le distanze solo apparentemente sono annullate dalla rete; la lingua diventa una e universale, la sfida è tra sistemi Paese o tra intere filiere produttive. Se ogni nazione, quindi, deve "esportare" la propria idea di sè veicolata dai suoi prodotti, dalle sue invenzioni e dal suo stile di vita diventa plausibile immaginare che la valigetta si possa dilatare fino a diventare l'intero hangar della portaerei Cavour, vanto della Marina militare italiana.

E diventa normale pensare che a fare da ambasciatore itinerante del "made in Italy" migliore possa essere l'equipaggio di quella nave con a bordo, oltre ai militari, personale delle ong, imprenditori e funzionari dello Stato impegnati nella frontiera della promozione delle eccellenze produttive italiane.
Una buona idea: la portaerei Cavour è un luogo fisico dell'eccellenza militare, ma può diventare un luogo immateriale dell'"italian concept", della cultura italiana a tutto tondo. Tappa dopo tappa, porto dopo porto, l'Italia offrirà al mondo la professionalità dei propri militari (riconosciuta eccellenza internazionale nel peace keeping), l'umanità degli operatori delle Ong dal settore della sanità a quello dell'educazione e dell'assistenza, il talento dell'imprenditoria pubblica e privata. Una straordinaria vetrina di prodotti e di emozioni.
Se questa occasione non sarà sprecata, questa crociera di sei mesi potrà diventare una nuova grande occasione di promozione industriale che tra l'altro, consentirà di ottimizzare i costi in tempi di spending review. E cercare anche nuovi luoghi dove intercettare materie prime strategiche.

In attesa di vedere finalmente un progetto razionale e globale per la creazione di mall con il meglio del made in Italy in tutte le zone più promettenti per il nostro export, ben venga questa "rotta della speranza" per la promozione di prodotti, tecnologie e design.
L'Italia potrà consolidare rapporti commerciali già ottimi (come nella Penisola Arabica) e crearne di nuovi nelle aree dell'Africa subsahariana sino al Sudafrica, già potenza planetaria cui guarda con grande interesse tutta l'Europa. E dove sta nascendo una nuova borghesia in grado di modificare lo standard dei consumi. È l'Asia il competitor più aggressivo: dalla Cina all'India sono partiti prima nell'azione di contatto con i mercati africani.
Nelle aree del Corno d'Africa, nuova patria della pirateria moderna, l'Italia saprà far valere le ragioni della politica e della diplomazia oltre a quelle delle esigenze umanitarie per aree martoriate da decenni di guerre civili.

La crisi ha bisogno di risposte innovative e di forme efficaci di collaborazione tra pubblico e privato. Del resto, fu proprio Cavour a dare vita al primo "connubio" in politica (una sorta di "larghe intese" ante litteram) che diede forte impulso, a metà 800, all'industrializzazione dell'Italia pre unitaria.
Chissà che la nave che porta il suo nome non possa dare vita, oggi, a un nuovo "connubio industriale" pubblico, privato, militare e civile. Magari dalla crisi si esce anche così. Via mare.

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